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Perché l’Europa deve andare all’attacco sulla difesa comune

Di Michele Valensise

Per troppo tempo, negli ultimi anni, anche per effetto di una strumentalizzazione interessata, l’Unione europea è stata vista come un’entità lontana dalle esigenze concrete dei cittadini. Il 60esimo anniversario della firma dei Trattati di Roma è un’occasione importante per un bilancio del processo d’integrazione e, soprattutto, per tracciare le linee sulle quali l’Unione potrà affrontare la fase che abbiamo davanti a noi. La richiesta di un’Europa più vicina alla vita dei suoi cittadini è fondata ed è riconosciuta come tale dalle istituzioni e dai governi europei. Ma non abbiamo aspettato la celebrazione della nascita della Cee per iscrivere tra le questioni più urgenti da affrontare alcuni temi di interesse diretto e prioritario, come quelli della sicurezza e della difesa, due campi strettamente connessi tra loro. Costituiscono, infatti, fattori essenziali per la fiducia. Non sono state necessarie troppe spiegazioni nel 2015, dopo le stragi terroristiche di Charlie Hebdo e del Bataclan, per rendersi conto di quanto fosse importante, per combattere il terrorismo, coordinare meglio le attività dei servizi d’informazione europei. Conosciamo le resistenze e le difficoltà di procedere efficacemente in quella direzione, ma non ci sono alternative di fronte a una minaccia transnazionale. E occorre far presto: purtroppo anche l’anno scorso è stato macchiato dal sangue delle vittime innocenti di attentati terroristici in Europa. Il lavoro degli apparati di sicurezza e il raccordo a livello europeo devono essere sostenuti con forza.

La difesa europea ha una storia antica. Al fallimento della Ced del 1954, gli europei seppero reagire costruttivamente con la Conferenza di Messina e la stesura dei Trattati di Roma. Oggi, nell’incertezza prodotta dalla Brexit e con le sollecitazioni del mondo che ci circonda, l’impegno per una difesa comune in Europa è ancora più doveroso e attuale. L’Unione europea se ne sta facendo carico con determinazione. Negli ultimi mesi, la Commissione ha elaborato una strategia globale dell’Ue e un piano d’azione per la difesa europea; il Consiglio Esteri-Difesa e il Consiglio europeo hanno definito alcune azioni precise, per il rafforzamento delle capacità civili e della pianificazione, oltre che per un più stretto coordinamento tra Paesi membri. In questo quadro, a Bruxelles si sta sviluppando un lavoro originale con l’obiettivo di concordare una – o più – cooperazione permanente strutturata (Pesco), prevista dal Trattato sull’Unione europea. La Pesco mira a consentire a un certo numero di Stati membri, che lo desiderino e che ne abbiano la capacità, di avviare un’effettiva integrazione nel campo della difesa, almeno attraverso un approccio modulare, con prime iniziative comuni di più semplice realizzazione (unità logistiche, mediche ecc.), ma auspicabilmente anche più ambiziose.

Si tratta di andare al di là di progetti relativi al semplice procurement, per puntare piuttosto alla creazione di una serie di vere e proprie cornici multinazionali, nelle quali i Paesi membri partecipanti possano inserire le proprie capacità militari. Questa comunitarizzazione volontaria di intenti e di risorse operative comporterebbe significativi vantaggi dal punto di vista dell’efficacia delle azioni e, certamente, sotto il profilo della razionalizzazione degli impegni e della spesa per ciascuno Stato membro facente parte della cooperazione strutturata. Una standardizzazione degli investimenti e degli apparati nel settore della difesa e una maggiore interoperabilità e possibilità di spiegamento sarebbero obiettivi concreti comuni, suscettibili di positive ricadute, rilevanti e documentabili, sul contenimento di sprechi dei programmi nazionali e sui bilanci della difesa di ciascuno Stato membro parte della Pesco. Il rafforzamento della difesa europea sarà inoltre collegato in maniera promettente al disegno della collaborazione Ue-Nato.

L’Italia sta facendo la sua parte, in raccordo con i principali partner come Francia e Germania. Saranno i prossimi Consigli europei a discutere lo stato di avanzamento della difesa comune, con l’intento di pervenire a una decisione finale in estate. Occorrerà superare ostacoli tecnici e forse approfondire qualche aspetto giuridico. D’altra parte, nell’anno del 60esimo anniversario dei Trattati di Roma, varare un primo nucleo di cooperazione/integrazione nel campo della difesa confermerebbe la vitalità europea, la volontà di sinergia e la capacità delle istituzioni di aggiornamento e di risposta ad aspettative di un’opinione pubblica europea, desiderosa di risultati tangibili più che di dichiarazioni celebrative.

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