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Breve storia degli sconfinamenti politici dei magistrati (non solo di Zuccaro)

Non sta andando molto bene agli abitudinari del giustizialismo passati improvvisamente sul fronte per loro inedito del garantismo quando a finire nei sospetti di una o più Procure della Repubblica sono finiti non i soliti politici, i colletti bianchi e simili ma le organizzazioni del volontariato mobilitate nelle acque del Mediterraneo. Dove vengono soccorsi parecchi migranti su richiesta di quelli che dalle coste libiche li hanno appena imbarcati, naturalmente a pagamento, non gratis, su natanti fatiscenti che non galleggerebbero più di qualche ora, se non meno.

La Procura di Trapani ha appena aperto un’inchiesta, visto che i difensori del volontariato per partito preso si lamentavano che ne mancassero, pur parlandosene tanto. E il capo della Procura di Catania, Carmelo Zuccaro, ha ripetuto, e persino rincarato, tutti i suoi sospetti e allarmi davanti alla stessa commissione del Senato, quella della Difesa, dove il collega di Siracusa lo aveva smentito fra gli applausi dei nuovi, improvvisati garantisti.

La musica sta cambiando anche nel palazzo dei marescialli, sede del Consiglio Superiore della Magistratura, dove si parla adesso più di una pratica “a tutela” di Zuccaro che di una contro di lui, che qualcuno già dava per destinato a un trasferimento per cosiddetta incompatibilità ambientale.

Anche il ministro della Giustizia Andrea Orlando, finalmente liberatosi dell’impegno aggiuntivo di candidato alla segreteria del suo partito, deve avere avuto nuove informazioni per passare dalla posizione critica assunta nei riguardi del suo collega degli Esteri Angelino Alfano, schieratosi a favore di Zuccaro “al cento per cento”, al più cauto riconoscimento della necessità che si indaghi più approfonditamente. D’altronde, prima ancora che al capo della Procura di Catania, peraltro spalleggiato adesso anche da Nicola Gratteri, che non è certamente un collega di second’ordine, dubbi su ciò che accade fra volontari che soccorrono e delinquenti che mettono in mare le persone da raccogliere sono venuti a Frontex. Che non è un’organizzazione esoterica, un’associazione di mitomani, o a delinquere, una postazione di intercettazione di dischi volanti, ma un’agenzia ufficiale dell’Unione Europea, addetta alla guardia di frontiera.

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Ciò non significa naturalmente che non possa capitare anche a Zuccaro di sbagliare, come accade a tutti gli umani e, per restare nel suo campo specifico di azione, ai magistrati che si sentono titolari anche di funzioni che non hanno, spettando esse alla tanto vituperata politica.

Il capo della Procura di Catania, per gli elementi a sua conoscenza e per quelli che potrebbero derivargli dalla disponibilità di maggiori mezzi investigativi, ha il pieno diritto di non scambiare per “filantropi”, come ha detto ai commissari del Senato, tutti i volontari e tutte le organizzazioni private di soccorso operanti nel Mediterraneo. Ma non spetta dire a lui, come ha invece cercato di fare, se e in che misura l’Italia possa accogliere e sopportare l’onere dell’immigrazione che si rovescia sulle sue coste. Questo è un discorso che spetta al governo e al Parlamento che gli accorda o gli nega la fiducia. Zuccaro può naturalmente avere anche su questo le sue opinioni, da elettore però, non da magistrato. E un magistrato è bene che le sue opinioni personali in materia politica se le tenga per sé. I precedenti dei vari Antonio Ingroia quando era ancora in toga non autorizzano il capo della Procura di Catania a imitarlo.

Interessano e sono pertinenti invece le opinioni di Zuccaro in materia di compatibilità del comportamento di talune organizzazioni volontarie con le leggi del territorio dove hanno l’abitudine, la comodità, la premura, chiamatela come volete, di sbarcare quelli che hanno soccorso, pur battendo le loro navi altre bandiere, e potendo andare in altri porti. Glielo ha appena riconosciuto anche il Fatto Quotidiano elencando tutte le “rivincite” che il capo della Procura si sta prendendo dopo “42 giorni di polemiche”. Hanno smesso quindi per fortuna dalle parti di quel giornale di diffidare del povero Zuccaro da quando ha avuto la sventura di difenderlo un politico abitualmente dileggiato da Travaglio come Angelino Alfano in tutti i ruoli di governo che gli sono capitati: ministro della Giustizia con Silvio Berlusconi, vice presidente del Consiglio e ministro dell’Interno con Enrico Letta, ministro solo dell’Interno con Matteo Renzi e ministro degli Esteri con Paolo Gentiloni: sempre l’uomo sbagliato al posto sbagliato, secondo il direttore del Fatto.

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Si è detto e scritto contro Zuccaro, al netto – ripeto – dei suoi sconfinamenti nella valutazione politica e sociologica del fenomeno immigratorio, che il rappresentante dell’accusa deve comunque tacere sui suoi sospetti. Ma perché si pretende dal capo della Procura di Catania di essere l’eccezione in un paese dove tutti i procuratori – lasciatemolo dire – parlano, straparlano e anticipano?

Vorrei ricordare agli smemorati i “livelli alti” dove stavano dirigendosi le sue indagini annunciati dall’allora capo della Procura di Milano, Francesco Saverio Borrelli, ben prima che venisse notificato all’allora presidente del Consiglio Berlusconi, peraltro a mezzo stampa, un avviso di garanzia per un reato persosi poi per strada.

Vorrei inoltre ricordare le anticipazioni fornite dal pur ottimo procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone (nella foto), sulla bomba di giudiziaria di Mafia Capitale parlando in un convegno politico.

Ho appena ritrovato, navigando in internet, dichiarazioni rilasciate nel 2012 dall’allora capo della Procura di Palermo, Francesco Messineo, sulla “certezza” che ci fossero state nel 1992-93 trattative fra lo Stato e la mafia delle stragi. Eppure il processo per quelle presunte trattative sarebbe cominciato solo il 27 maggio dell’anno dopo. Ed è ancora in corso, cioè da quattro anni, con imputati alcuni dei quali assolti praticamente per gli stessi fatti in altri processi, o con rito abbreviato. Ma di che cosa stiamo, anzi stanno parlando, per favore?

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