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Per Trump arriva un’altra batosta dall’Obamacare

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Lunedì altri due senatori repubblicani (Mike Lee dello Utah e Jerry Moran del Kansas, il primo vicino alle visioni del Tea Party, il secondo conservatore duro più classico) hanno detto pubblicamente che non avrebbero votato la riforma sanitaria che il proprio partito, e la Casa Bianca, intendono portare al Senato. Dopo i no di Rand Paul e Susan Collins (moderata del Maine), la situazione è in stallo: alla camera alta il Partito Repubblicano ha 52 rappresentanti e quello Democratico 48, dunque la mancanza di quei quattro voti (e forse di altri non ancora definitivamente dichiarati, come il senatore John McCain, che sta recuperando da un’operazione alla testa) significa che il più grande provvedimento legislativo mosso fin qui dall’amministrazione Trump sarebbe bocciato dall’aula.

LO SCOGLIO DEL SENATO

Il 4 maggio la riforma che intende abrogare e sostituire il controverso piano Obamacare – la legacy del presidente Barack Obama per permettere a chiunque di avere una copertura sanitaria – era passata alla Camera con diverse difficoltà (solo per quattro voti) e si sapeva già che in Senato avrebbe avuto vita ancora più dura. La sostituzione dell’Obamacare è un pallino repubblicano – se ne contesta ideologicamente lo spirito di obbligatorietà, oltre aspetti tecnici che ne hanno resa difficoltosa l’applicazione nella pratica. Un punto di contatto, raro, tra partito e trumpismo.

LO STATEMENT DI MCCONNELL 

Il senatore che guida la maggioranza repubblicana al Senato, Mitch McConnell ha scritto uno statement che spiega perché la parola più usata dai media americani per descrivere la situazione in questo momento sia “collapse“: “Purtroppo ora è evidente che lo sforzo di abrogare e sostituire immediatamente il fallimento dell’Obamacare non avrà successo”. Al momento la votazione che avrebbe dovuto aver luogo in questi giorni, dopo che era già stata rinviata due settimane fa, non è nemmeno calendarizzata. È un tonfo politico per il presidente Donald Trump, che sulla riforma sanitaria ha poggiato una buona fetta della sua campagna offensiva e molta della retorica in questi primi mesi di amministrazione. Anche per via della sovrapposizione con l’agenda del partito.

LE DIVISIONI NEL GOP

L’annuncio di Lee e Moran ha definitivamente affossato il disegno di legge e allo stesso tempo ha segnato le spaccature interne al Grand Old Party, dove i moderati – i più scettici sulla riforma – sono messi sotto pressione da chi segue di più la linea trumpiana; poi ci sono quelli come il senatore Lindsey Graham, critico di Trump, che addirittura hanno progettato una legge in proprio, e muovono le loro pedine per prendere qualche consenso in più. Tutto in un momento delicato, perché tra qualche mese si entrerà ufficialmente nel vivo della campagna elettorale per le mid-term del 2018 (e ufficiosamente già i legislatori si muovono con quel traguardo in testa). È qui che gli interessi dei vari congressisti per le situazioni dei singoli stati che rappresentano si scontrano con l’azione di governo nazionale.

LA CASA BIANCA

La posizione del presidente è aggressiva: poco dopo la diffusione dello statement di McConnell l’ha scritta direttamente in un tweet in cui ha invitato i repubblicani a votare intanto l’abolizione (“REPEAL“, scritto in maiuscolo) e poi a riflettere su un qualcosa per sostituirlo che possa mettere d’accordo tutto il partito. Gli analisti politici americani pensano che nemmeno questa azione parlamentare troverebbe la maggioranza richiesta, anche perché esporrebbe i senatori repubblicani al rischio politico-sociale di lasciare milioni di americani (18, secondo un’analisi governativa) senza copertura sanitaria, e, oltre all’aspetto etico, non sarebbe di certo un buon lancio elettorale per le mid-term. Probabilmente il Gop sceglierà di lavorare su un nuovo (sarebbe il terzo) progetto legislativo; meno probabile la collaborazione punto su punto con i democratici.

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