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Morgan Freeman è sotto l’attacco del trolling russo per un video sulle interferenze alle presidenziali

L’attore americano Morgan Freeman è attualmente il polo d’attrazione di una corposa campagna diffamatoria ad opera di troll e media russi. Il motivo è che il protagonista di “Seven”, e di dozzine di altri film, ha girato per il regista Rob Reiner un video in cui usa la su voce “setosa” (copyright Vice) per spiegare ai cittadini americani l’interferenza russa nelle elezioni presidenziali del 2016. È un progetto della Committee to Investigate Russia, non-profit che Reiner presiede e che ha lo scopo di aiutare gli americani nella comprensione della gravità dell’iper-operazione di spionaggio russa. In questi giorni l’inchiesta sta tornando sotto i riflettori, per nuove notizie che riguardano anche un coinvolgimento indiretto di Facebook e l’avvicinamento dell’inchiesta alla cerchia diretta di Donald Trump, per verificare eventuali collusioni tra il repubblicano e Mosca.

Freeman nel video, uscito il 18 settembre (e già con più di 360mila visualizzazioni), dice “siamo stati attaccati, siamo in guerra”, il nostro presidente deve “salvare la democrazia” e rispondere alle azioni dell’ex agente del KGB Vladimir Purtin — in realtà la Casa Bianca ha già avallato, anche se obtorto collo un programma sanzionatorio contro la Russia proprio per le interferenze.

La vicenda non è tanto importante di per sé — molte personalità pubbliche prendono quotidianamente posizioni su argomenti politici — ma è interessante perché dà un ennesimo spaccato su ciò che è il sistema di trolling e info-ops russo. All’operazione di propaganda di Freeman non ha risposto solo la contro-propaganda russa (per esempio i servizi su di lui usciti sull’all news governativo Rossiya-24 o Russia Today che ha fatto un video per ridicolizzarlo), ma sì è messo immediatamente in azione un esercito di “utenti” che ha immediatamente iniziato a infangare Freeman attraverso i social network. Va molto calcare sul presunto uso di marijuana dell’attore.

La rapidità della risposta/mobilitazione – su Twitter raccolta sotto l’hashtag#StopMorganLie – fa pensare ancora una volta che si possa trattare di trolling coordinato, anche attraverso bot. Non una novità, operazioni del genere – parecchie dirette da un centro direzionale che sede nel feudo putiniano di San Pietroburgo – hanno per esempio caratterizzato la diffusione di informazioni infamanti e alterare contro la candidata democratica Hillary Clinton, appunto.

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