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Scuola e costo standard per la sostenibilità. È il momento della verità

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Il 2017 si è concluso con un passaggio storico senza precedenti: il 20 dicembre scorso il ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli ha insediato, presso il ministero stesso, il gruppo di lavoro sul costo standard di sostenibilità per la scuola italiana, costituito con DM del 21 Novembre 2017. Il costo standard per alunno è l’unica strada per garantire una scuola senza discriminazioni, superando inutili contrapposizioni tra buone scuole pubbliche statali e buone scuole pubbliche paritarie, entrambe appartenenti al Servizio nazionale di istruzione.

Il concetto, assimilabile al costo standard in sanità (pago le tasse, ergo mi curo dove voglio, in ente ospedaliero statale o privato convenzionato che sia) sta dunque facendo breccia, perché riesce a intercettare i diritti traditi della Costituzione: la Magna Charta della nostra Repubblica celebra quest’anno i 70 anni di vita e non è stata ancora pienamente realizzata.

Il nostro Paese è a una svolta importante: con una operazione salomonica sono stati eletti i presidenti di Camera e Senato. Ora siamo nel clou delle manovre per comporre il governo e intanto il Paese resta fermo, quasi ad assistere alla migliore scena di pirandelliana memoria, che si avvicenda sul palco della vita. Solo che anche la scuola pubblica, paritaria e statale, fa parte della commedia: una delle più gravi ingiustizie del secolo sta distruggendo un patrimonio storico italiano fatto di personaggi che si ergono sovrani sulle resistenze dell’ignoranza e dell’ideologia. Mentre a colpi di piccone si distruggono le scuole di una Montessori e di un don Milani (per citare qualcuno nella parità di genere) – e non va meglio alla scuola statale – i ragazzi sono sempre più spaesati e persi e i loro genitori sempre meno capaci di comprendere il loro ruolo educativo. Se non c’è scelta, non c’è educazione, bensì addestramento a opera dello Stato. Come a Sparta. L’alternativa è unica: a) garantire ai genitori di esercitare la propria responsabilità formativa nella piena libertà di scelta educativa; b) consentire agli studenti il diritto di apprendere senza discriminazioni economiche; c) assicurare la libertà d’insegnamento dei docenti – a parità di titolo – in una scuola pubblica statale e in una pubblica paritaria, per elevare l’asticella della qualità formativa; d) mettere al centro il diritto globale delle famiglie “pubbliche paritarie” e “pubbliche statali”: oggi chi scegli le scuole paritarie paga due volte, con le tasse prima e con la retta poi, e chi sceglie la scuola statale non ha il diritto di pretendere il docente in cattedra … Esiste un sovrannumero di cattedre in alcune regioni e il vuoto in altre, grazie al reclutamento che non pone al centro gli studenti bensì gli interessi sindacali che hanno trasformato la scuola in un ammortizzatore sociale.

La proposta è un sistema a doppio binario, statale e privato accreditato, pareggiati per l’offerta curricolare obbligatoria, sostenuto dal costo standard (definendo da parte del ministero livelli essenziali di educazione e formazione come si è fatto nella sanità con i Lea, i Livelli essenziali di assistenza) e in aggiunta da una franchigia reddituale per legittimare donazioni e corrispettivi ulteriori, per incentivare innovazione, investimenti ed eccellenze.

A 17 anni dalla legge Berlinguer i tempi sono oggi davvero maturi: si registrano, negli ultimi mesi, approfondimenti e convergenze molto positivi. C’è innanzitutto un testo scientifico di base, di fondamentale importanza, il saggio Il diritto di apprendere, nuove linee di investimento per un sistema integrato, che fonda la soluzione del costo standard su dati forniti dal ministero stesso, e c’è il tavolo istituito dalla ministra Fedeli. Ma anche la Conferenza Episcopale Italiana – tramite il Consiglio Nazionale della Scuola Cattolica – con il documento “Autonomia, parità e libertà di scelta educativa” del giugno scorso, ha voluto chiarire che il costo standard di sostenibilità è la via maestra per garantire i diritti di alunni, genitori e insegnanti nella scuola.

Infine è assolutamente rilevante la task force di politici che singolarmente si sono pubblicamente espressi positivamente in merito e che solo con grave imbarazzo potranno negarlo nei rispettivi gruppi. Quanto all’attuazione concreta, l’assessore Aprea ha affermato su Tuttoscuola che “si deve guardare alla prossima legislatura in un’ottica di ricerca e ampia condivisione di un modello che valorizza la libertà di scelta delle famiglie tra scuole tutte ugualmente affidabili sul piano della qualità”.

Le letture di parte e ideologiche rivelerebbero, a questo punto, tutta la loro contraddittorietà, assimilandosi a “tronchi” (Aristotele). Di questo stile è un recente articolo apparso su Orizzonte Scuola che, parlando di scuole dell’infanzia, propone di “rendere totalmente pubblico (ma intende “statale”, ndr) o prevalentemente pubblico un settore basilare, che darebbe un gran servizio alla collettività, tanti posti di lavoro e non chiacchiere e soprattutto sarebbe laico”. In questo testo si identifica “scuola pubblica” con “scuola statale” (anche le paritarie sono pubbliche), non si considerano i lavoratori delle paritarie (come se non esistessero già da oggi) e si va contro il pluralismo garantito costituzionalmente proponendo di fare un’unica scuola, solo laica! E cosa vuol dire “laica”? Il termine non compare nella L. 62/2000.

Chi rifugge dall’evidenza scientifica, invocando che la scuola statale può ben assorbire tutti gli studenti e i docenti italiani, non solo ci consegna a una scuola unica e di regime, ma dice il falso, ignorando il grave problema delle classi sovraffollate. Gli studenti della scuola statale di Vulcano hanno scioperato per ben 17 giorni, prima di Natale, invocando il diritto allo studio in una classe decente e non in una pluriclasse stipata… È questo che si desidera? Con il costo standard ciò non accadrebbe.

È dunque un momento chiave, nel quale non è più possibile non voltar pagina; è venuto il tempo di prendere in considerazione proposte scientificamente fondate e non populiste. È ampiamente dimostrato che solo il costo standard di sostenibilità potrà garantire i diritti di genitori, alunni e insegnanti, superando ogni discriminazione, ma soprattutto favorirà un sistema scolastico di qualità e la sopravvivenza del welfare.

Il binomio scuola-costo standard non potrà essere estraneo al prossimo governo. In ogni caso, dovrebbe temere il silenzio.

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