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Partecipazione dei giovani e unità dei cristiani​. Ecco cosa è mancato in Libano

Libano

Non si può dire che il complesso Libano non ci abbia provato, ma con ogni probabilità domenica ha alzato bandiera bianca, impossibilitato a sottrarsi alla scontro di ferro tra Iran e Arabia Saudita. È stato l’inserimento del sistema proporzionale a squassare il fragile equilibrio libanese, a favore di Hezbollah.

1990: gli accordi di Taiff portano al varo di un bicameralismo che ancora oggi rappresenterebbe la chiave di salvezza di ogni società complessa, pluriconfessionale e pluricomunitaria. Quegli accordi prevedevano una camera bassa, con elezione proporzionale su base partitica, e una camera alta eletta su base comunitaria in modo da offrire garanzie a tutte le comunità. Così la dimensione comunitaria della persona e politica dell’individuo venivano preservate entrambe e ognuno aveva la certezza di non essere escluso.

Dal 2005 però le sfere sono diventate altre: l’assassinio dell’ex premier Hariri ha diviso il Libano tra i fautori del suo progetto e i supporter dei suoi assassini. Ora Hezbollah, il partito teocratico che controlla con pugno di ferro la comunità sciita, ha imposto l’inserimento del sistema proporzionale, essendo gli sciiti la comunità cresciuta numericamente più di ogni altra. Conseguita la fedeltà di chi dopo l’assassinio di Hariri aveva preferito allinearsi ad Hezbollah che agli eredi della sua vittima, il partito di Dio è riuscito ad ottenere il 40% degli eletti.

Così l’equilibrio libanese è saltato, l’ingresso di nomi allineati con Damasco tra gli eletti nel campo sunnita crea un’alternativa valida per l’alleanza con gli sciiti. I cristiani sono tornati a dividersi, consentendo a Nasrallah di immaginare una maggioranza parlamentare interconfessionale omogenea però alla sua visione e impostazione.

I giovani non ci sono stati: quel 50% di astenuti sono chiaramente loro e dice che i giovani libanesi non hanno accettato di dividersi lungo linee tribali, confessionali, claniche. Questo segno di speranza dimostra con tutta evidenza che il balzo indietro non è totale, la retorica identitaria della montagna, del clan compatto e avverso a quello del villaggio vicino, non ha prevalso su quella urbana, promiscua, di Beirut, la città cosmopolita casa e luogo di tutti. Ma la politica libanese resta saldamente in mano ai signorotti medievali, e le speranze dei giovani andranno deluse nuovamente, assorbite nel conflitto imperiale che sconvolge tutto il Levante. Ma questo conflitto tribale non ha conquistato i cuori delle giovani generazioni libanesi, il futuro si chiama ancora convivialità. Anche se Nasrallah ha già annunciato la sua vittoria.

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