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L’ipocrisia del vittimismo gialloverde

Di Andrea Cangini

No, il vittimismo gialloverde proprio no. C’è un limite a tutto. Dicono che siamo all’anno zero della storia, che una nuova era ha inizio e non dovremmo interessarci a loro? “Lasciateli governare” un corno. Lo spirito paterno e comprensivo di Marco Travaglio sul Fatto quotidiano si rispecchia (ed è una notizia) nelle parole dell’editore del Foglio: “Un’apertura di credito è doverosa”, scrive il presidente del gruppo Sorgente, Walter Mainetti. Quindi dovremmo tutti metterci serenamente alla finestra, ignorare l’impennata dello spread, le fughe dei capitali italiani, le riserve di partner e investitori internazionali e persino le parole di premier e ministri. Wait and see. Ma dico, scherziamo? E quando mai è successo?

Attendiamo i fatti, d’accordo, ma intanto valutiamo quel che c’è: le facce, i programmi, le parole, gli atteggiamenti, i conflitti di interesse, il contesto… Potessimo seguirli anche nel water lo faremmo perché avremmo il dovere di farlo. Quando, con squilli di tromba, si annuncia la nascita di una nuova “Repubblica”, con protagonisti nuovi e nientemeno che con una nuova idea di democrazia le masse e le presunte élite hanno il diritto di sapere. Di sapere tutto. E tutto è naturale e giusto che sia oggetto di valutazioni, di analisi, di commenti. I troll grillini sui social gridano invece al complotto, alla macchinazione infernale dei “poteri forti” internazionali e delle loro ramificazioni nazionali. Un misto di balle propagandistiche, di nevrosi e di ipocrisia. Soppesare la capacità politica di un presidente del Consiglio improvvisato, conoscerne le sue pendenze fiscali e curriculari: cosa c’è di strano o di malevolo in tutto questo? Valutare quel che si può intuire sulla politica economica, sulla politica estera, sulla politica giudiziaria e sulle politiche sociali di un governo che nasce è sacrosanto diritto dei cittadini, mentre dovere di chi vede le cose più fa vicino è condividere le proprie informazioni e, perché no?, anche le proprie opinioni.

Troppo grossa è la partita, troppo grande la novità. Soppesare i rapporti di forza tra Lega e Cinque Stelle non significa gufare contro l’Italia, significa cercare disperatamente di capire cosa ci attenda. Mettere a confronto i propositi di “cambiamento” col conservatorismo implicito nelle nomine delle alte burocrazie pubbliche non è cattiveria, è cronaca. Cronaca ragionata. Ed è doveroso anche dar conto con legittima preoccupazione della cacciata di direttori non allineati né allineabili come l’ottimo Alessandro Barbano, improvvisamente rimosso dall’editore-costruttore dalla plancia di comando del Mattino.

Ai grillini, ai leghisti e ai tanti rappresentanti dell’establishment oggi impegnati a salire sul carro del vincitore lanciamo perciò un umile ma accorato appello: smettetela di piangervi addosso, accettate le critiche, rimboccatevi le maniche e fateci finalmente vedere di cosa siete davvero capaci.

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