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Trump cancella via Twitter il viaggio di Pompeo in Corea del Nord

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All’inizio di questa settimana, durante un’intervista con la Reuters, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, aveva parlato di quanto fosse stato forte lui con la Corea del Nord, degli ottimi risultati raggiunti (come lui nessuno mai) e della possibilità di un secondo incontro col satrapo riqualificato (proprio dal primo vertice con Trump) Kim Jong-un.

Poi, venerdì, Trump ha chiesto al segretario di Stato, Mike Pompeo, di cancellare un imminente viaggio in Corea del Nord, dicendo su Twitter che non sono stati fatti “progressi sufficienti” nei colloqui sul nucleare.

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Siamo davanti a quella che sembra essere la sua prima ammissione che le discussioni si sono bloccate: i media da settimane parlano della frustrazione di Trump perché le cose – nonostante un importante investimento di capitale politico – non vanno come vorrebbe, oppure è la solita tattica trumpiana?

Pyongyang, secondo quanto dice anche l’Aiea, non ha bloccato il suo programma nucleare, e la denuclearizzazione che Trump ha propagandato dopo il vertice di Singapore è un concetto remoto, come dimostrano anche le denunce con cui l’intelligence americana ha mostrato nuove spinte del Nord sull’arricchimento dell’uranio e sul programma missilistico. Non solo: il regime nordcoreano trolla Trump usando le sue stesse chiavi retoriche: dice che il presidente americano è affossato nella sua azione dal Deep State che lo vorrebbe esautorare, e per questo le cose vanno male.

Trump ha in parte incolpato la Cina per le difficoltà, suggerendo che Pechino sta ostacolando i lavori con la Corea del Nord perché intende usare il dossier per rappresaglia contro la sua (di Trump) “posizione commerciale molto dura” e aggiungendo che i colloqui sul nucleare potrebbero non tornare in pista fino a quando le dispute commerciali tra Cina e Stati Uniti non saranno “risolte”.

Notare che il giorno precedente ai tweet presidenziali, il segretario Pompeo aveva annunciato la visita nordcoreana ai giornalisti, spiegando che con lui sarebbe partito un team di esperti incaricati di affrontare i colloqui sul nucleare, guidato dal neo incaricato Stephen Biegun. Pompeo non ha ancora rilasciato dichiarazioni, ma nell’istituzionalizzazione di Twitter che Trump spinge quotidianamente, ha retwittato il profilo personale del presidente, come a indicare che avrebbe eseguito l’ordine.

Come accennato, l’uscita di Trump però non è solo legata alla frustrazione: il presidente americano usa spesso la tattica aggressiva nelle trattative diplomatiche, una sorta di bastone&carota che si porta dietro dai tempi in cui chiudeva deal commerciali come un artista dirompente. Per esempio: i giorni prima del vertice di Singapore, aveva detto che tutto sarebbe saltato, salvo poi riconvocare il summit e prenderne parte, vantando risultati eccezionali (di fatto, già l’incontro di per sé è stato storico, ma i contenuti sono stati deboli; ndr).

Il problema è che adesso si trova a trattare con attori che hanno agende non solo economiche, e non è per niente scontata la reazione nordcoreana a queste sue mosse distruptive – tanto meno quella cinese.

Trump dice di voler “esprimere i miei più calorosi saluti e rispetto al Presidente Kim. Non vedo l’ora di vederlo presto!” e rimanda tutto a quando la disputa commerciale con la Cina sarà risolta. Ossia, anche per ragioni di immagine, solleva Pyongyang dal peso delle responsabilità e le addossa alla Cina: un modo per giustificare le uscite positive sul Nord tipo quelle sulla Reuters e contemporaneamente avallare la linea dura contro Pechino.

È anche possibile che la decisione di cancellare il viaggio sia stata in parte una mossa politica di Trump, volta all’elettorato interno. Il periodo per il presidente è critico, per la prima volta in Tv lui stesso ha parlato di “impeachment” (un’eventualità comunque improbabile, ndr) dopo che alcuni suoi collaboratori si sono dichiarati colpevoli per reati di carattere finanziario che lo coinvolgerebbero in prima persona. Se Pompeo fosse tornato a casa dalla Corea del Nord con un nulla di fatto, sarebbe stato un colpo in più per la presidenza, che in questo momento si trova a dover spingere il rush finale per i repubblicani verso le elezioni di metà mandato che si terranno il 6 novembre.

Incolpare la Cina se le cose vanno male è il delitto perfetto.

 

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