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Diciotti, l’errore di Salvini e i compiti dell’Europa. Parla il prof. Parsi

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“I toni e i modi usati da Matteo Salvini sono sbagliati perché rischiano di essere controproducenti, non si è mai vista una nave militare che prima non può entrare in un porto italiano e poi non può sbarcare chi ha a bordo”. Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni internazionali all’Università Cattolica di Milano, riconosce però al governo “di aver sollevato il problema immigrazione contrariamente a quelli che l’hanno preceduto” e crede che la soluzione sia aiutare i Paesi di transito dei flussi migratori piuttosto che i Paesi di origine.

Il caso di Nave Diciotti della Guardia costiera va oltre la cronaca perché pone un problema politico e giuridico. L’impostazione che dà il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, è la più corretta oppure un ripetuto braccio di ferro rischia di irrigidire ulteriormente le posizioni europee nei nostri confronti?

Non c’è dubbio che l’Ue non stia collaborando su queste vicende, ma i metodi usati da Salvini lasciano perplessi. Al di là di quello che si potrà ottenere sul singolo caso, non si è mai visto che una nave militare non possa entrare in un porto italiano o che non possa sbarcare il suo carico. I metodi rischiano di vanificare persino quelle che possono essere intenzioni condivisibili, cioè che non possiamo essere noi l’unico campo profughi d’Europa.

Il caso Pozzallo, dove a luglio furono sbarcati 450 immigrati da navi di Frontex e della Guardia di Finanza, ha irrigidito Salvini: nonostante gli accordi, solo la Francia ne ha accolti 47 mentre Germania, Portogallo, Spagna, Irlanda e Malta non hanno preso nessuno dei 220 complessivi sui quali si erano impegnate. Ora il ministro dice: se cedo anche stavolta, restano tutti qui.

Agli altri non importa niente, sono anni che ce lo dimostrano e ci sono troppe ipocrisie. Il Regolamento di Dublino fu pensato in una situazione completamente diversa mentre oggi è applicato forzosamente; le regole Sar (ricerca e soccorso, ndr) sono state impostate per eventi eccezionali di naufragi in mare mentre vengono impiegate per fronteggiare un business di trafficanti di esseri umani con naufragi “programmati” di centinaia di migliaia di persone all’anno. È chiaro che pensare che questo fenomeno possa essere gestito come una petroliera o un cargo che rischiano di affondare è un’ipocrisia. I maltesi riforniscono le navi pur di toglierle dalle proprie acque territoriali o acque Sar e le stesse navi non vogliono andare a Malta perché lì non sono in Europa, ma in un’isola in mezzo al mare.

Sul caso Diciotti prima o poi potrebbe sorgere un problema giuridico di privazione di libertà personale per le persone che sono a bordo, su territorio italiano, senza un provvedimento della magistratura. È un tema reale o un’interpretazione eccessiva?

È un tema reale. Andremmo verso una soluzione se, per paradosso, avessimo un’isola italiana disabitata dove costruire le strutture di accoglienza nel pieno rispetto delle regole per ospitare le persone raccolte in mare che qui potessero presentare le domande di asilo politico. Purtroppo la maggior parte di loro non ha titolo per essere riconosciuto come rifugiato.

Un’ipotesi irrealizzabile.

Il punto è questo: io ti metto in condizione di presentare la domanda, ma nel frattempo non è possibile che tu sia libero di muoverti sul territorio. Dovrebbe essere fondamentale la permanenza in luoghi da dove non è possibile uscire senza un controllo.

Si parla poco degli accordi di riammissione. La politica del governo Conte contro l’Ue è stata impostata al fine di costringere gli altri Paesi ad accogliere una quota degli immigrati che sbarcano in Italia, mentre a fatica si discute e si stanziano fondi per aiutare i Paesi di provenienza.

Qualunque Paese che lascia partire i suoi cittadini ha un business collegato: le partenze alimentano un’economia “nera” che produce reddito, un reddito che verrebbe meno se il business fosse smantellato. Inoltre, quegli immigrati irregolari che qui sono costretti a raccogliere pomodori o a vendere merce contraffatta o a lavorare in nero nei cantieri producono rimesse per il loro Paese. La quantità di soldi che fanno arrivare ai luoghi di origine è enormemente superiore a qualunque somma che una nazione come la nostra può mettere sul tavolo.

Quale sarebbe la soluzione?

Investire sui Paesi di transito e non su quelli di provenienza. Anche i Paesi di transito guadagnano sul traffico di esseri umani, ma solo su quello perché non hanno le rimesse. Occorre quindi bloccare i flussi ai confini dei Paesi di origine: più la catena si allunga, più sono i soggetti economici che intervengono, più diventa costoso e difficile toccarla. Quando gli immigrati arrivano in Libia sono un problema difficile da gestire.

Anche su questo, comunque, sembra ci sia ancora scarsa disponibilità dell’Unione europea.

L’Italia dovrebbe fare pressione: noi siamo disponibili a fare la nostra parte sul fronte umanitario, ma la questione va affrontata e risolta politicamente. La gestione del flusso di profughi è un problema politico, non umanitario. Nessuno può pensare che un solo Paese possa assorbire centinaia di migliaia di persone non richieste. Vorrei vedere se gli equipaggi delle varie Ong dovessero portare i carichi di persone nei loro luoghi di origine: Olanda, Danimarca, Irlanda o altro, e vorrei vedere se queste nazioni sarebbero disponibili all’accoglienza. E chi ha fatto massiccia accoglienza ha usato molta attenzione.

La stampa internazionale ha parlato diffusamente del Canada.

Il Canada ha accolto 30mila profughi siriani, che quindi scappavano dalla guerra, e li hanno selezionati nei campi profughi in Libano prendendo solo famiglie ed escludendo maschi giovani, non sposati e senza figli perché più difficili da integrare. Inoltre, hanno scelto persone con dottorati, master e laurea, molto qualificate e facilmente integrabili. Quando c’è stato il caso di 118 persone transitate illegalmente dagli Stati Uniti al Canada le hanno bloccate. Secondo me Salvini sbaglia nei metodi e nei toni, non si può essere così brutali perché rischia di essere controproducente, però onestamente questo governo ha sollevato un problema che i governi precedenti non erano stati capaci di affrontare con attenzione. Come risposte dall’Europa ha avuto chiacchiere e ora chiede di passare ai fatti.

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