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La nave Diciotti, la Guardia Costiera e il braccio di ferro tra Salvini e Toninelli

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Dopo quasi sei giorni al largo di Lampedusa l’odissea di Nave Diciotti della Guardia costiera potrebbe terminare a Catania, porto indicato dal ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Danilo Toninelli, che però è in parte smentito dal Viminale perché Matteo Salvini non autorizzerà nessuno sbarco finché non ci sarà chiarezza sulla disponibilità europea a prendere una parte dei migranti a bordo. A questa posizione del ministro dell’Interno aveva risposto in mattinata un portavoce da Bruxelles, confermando i contatti con alcuni Stati membri dopo la richiesta arrivata dalla Farnesina. Nel frattempo la procura di Agrigento ha aperto un’inchiesta sulla vicenda sia per individuare eventuali scafisti che hanno tentato di entrare in Italia prima dell’intervento della Diciotti, sia per conoscere le condizioni dei 177 migranti a bordo.

L’ennesimo braccio di ferro sta facendo emergere più chiaramente le polemiche sul ruolo e sul comportamento della Guardia costiera: Toninelli si trova tra l’incudine di un governo ferreo sull’immigrazione e il martello della responsabilità diretta della Guardia costiera che certo non gradisce essere “scaricata” dal suo ministro di riferimento; Salvini, in quanto titolare del Viminale, ha il potere di indicare il porto dove sbarcare e di fatto tiene tutti in pugno; una parte dell’opposizione, invece, si divide al suo interno come nel caso di Forza Italia: Maurizio Gasparri contro, Elio Vito a favore.

Significativo il tweet con il quale Toninelli ha annunciato lo sbarco a Catania prima della frenata di Salvini: “I valorosi uomini della guardia costiera hanno compiuto il proprio dovere salvando vite umane ad appena 17 miglia da Lampedusa. Ora l’Europa faccia in fretta la propria parte”. Un colpo al cerchio e uno alla botte: si riconosce il ruolo e l’obbligo morale della Guardia costiera che salverà sempre vite in mare e nello stesso tempo si rilancia la richiesta all’Ue. Trovatosi nel vortice delle polemiche, il vertice delle Capitanerie di porto deve aver chiesto al ministro una presa di posizione chiara. Molto importante per definire il comportamento delle autorità maltesi e della stessa Guardia costiera italiana è il racconto fatto dagli 8 migranti, quelli in condizioni precarie, che erano stati sbarcati a Lampedusa: sarebbero stati soccorsi da un’imbarcazione di grandi dimensioni e da due gommoni i cui occupanti avrebbero detto di essere maltesi, ma non li avrebbero portati a Malta indicando invece la direzione di Lampedusa. Successivamente, quando la barca con i migranti ha cominciato a imbarcare acqua, sarebbero stati abbandonati e successivamente salvati da Nave Diciotti. Una versione che probabilmente aumenterà la tensione con il governo di La Valletta.

Il senatore Maurizio Gasparri (FI), già impegnato l’anno scorso nell’inchiesta conoscitiva sulle ong nella commissione Difesa del Senato, insiste nell’attaccare la Guardia costiera annunciando la richiesta di ascoltare in commissione Toninelli e il comandante del corpo, ammiraglio Giovanni Pettorino, e sostenendo che la Guardia costiera “torna a essere il taxi del mare”, definizione che Luigi Di Maio coniò per le ong. Diversa la posizione di Elio Vito, vice capogruppo forzista alla Camera, che ricorda i suoi rapporti con quegli uomini e non casualmente aggiunge che “i rappresentanti delle Istituzioni devono solo sempre ringraziarli per il difficile lavoro che svolgono”. Se si pensa di risolvere il problema immigrazione costringendo la Guardia costiera a non fare il proprio lavoro si finisce fuori strada e, se anche un sondaggio di Skytg24 sostiene che l’81 per cento degli italiani è favorevole a riportare i migranti in Libia, un governo deve battersi per modificare regole che ritiene ingiuste, ma nel frattempo deve rispettarle. Riportare i migranti in Libia è vietato dal diritto internazionale e l’Italia è già stata condannata nel 2012. Purtroppo questo balletto si ripeterà a ogni salvataggio e manca ancora un mese al prossimo vertice europeo in Austria.

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