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Una Ue solidale o egoista? Il bivio del Ppe

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C’è stato a Milano l’incontro tra Salvini della Lega Nord, attuale ministro degli interni e il leader ungherese Orban con l’intento di stringere un’alleanza strategica tra i rispettivi partiti in previsione delle prossime elezioni europee del 2019. Corollario della riunione è stata la politica dei flussi migratori. Pare che l’argomento non abbia avuto l’esito sperato da Salvini, visto che il comportamento dei paesi del gruppo di Visegrad, di cui Orban è autorevole esponente, è di chiusura netta nei confronti di potenziali profughi, rifugiati, richiedenti asilo. C’è il timore che le condizioni di vita conquistate dopo la caduta del Muro possano essere messe in forse dall’ingresso degli stranieri.

Sono realtà che hanno storia e tradizioni peculiari, con impostazioni politiche che discendono dalla vecchia dottrina marxista-leninista, lontane dai paesi dell’Occidente liberale per cultura, per religione, per economia. Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia contano in tutto una popolazione quasi quanto quella dell’Italia: circa 65.000.000, di cui solo la Slovacchia ha adottato l’Euro da quando il gruppo è entrato a far parte dell’Unione Europea nel 2004. Una vera e completa integrazione coi paesi dell’Europa di Strasburgo non c’è stata ancora. Un possibile accordo di politica estera con Orban, che è parte del Partito Popolare Europeo avversato dalla Lega Nord, potrebbe portare a Salvini forse solo limitati vantaggi di carattere commerciale, utili ad accrescere consensi tra gli imprenditori lumbard e brianzoli.

È auspicabile che il Partito Popolare Europeo faccia una seria e profonda riflessione sul proprio profilo politico e istituzionale. Non è possibile accogliere di tutto al suo interno, dalla destra di Orban fino ai popolari spagnoli e tedeschi, un problema che esiste da anni e che crea dissidi e divisioni che più di una volta hanno trasfigurato la fisionomia stessa del Ppe, al punto di produrre traumatiche scissioni.

Il Ppe nasce come riferimento dei partiti democristiani in Europa, i cui principi non trascurabili sono il rispetto della dignità della persona umana, la libertà, la democrazia, la solidarietà tra le persone e tra i popoli. Orban pare che con tali valori abbia poco a che spartire, per cui i vertici del Ppe sono investiti di un compito tanto delicato quanto necessario: esaminare la volontà del gruppo del leader ungherese di restare o meno nell’ambito del Ppe, secondo le regole tracciate dalla dirigenza.

Il tempo della confusione non può continuare, bisogna che ci sia chiarezza nelle scelte, pur nella inevitabile dialettica interna, ma mai possono venir meno i valori di riferimento. O i partiti europei si attestano su una linea coerente di governo valida per tutti o è meglio che il Vecchio Continente ritorni alle sue tante espressioni geografiche e politiche. Oggi forse si pone la vera questione: o l’Europa della solidarietà o quella degli egoismi. La prossima campagna elettorale per il rinnovo del Ppe si dovrà giocare su questa scelta.

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