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L’identità del centrodestra tra Meloni e Berlusconi

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L’appena concluso fine settimana è stato dominato dalle dinamiche del centrodestra. E per una volta in agenda non vi è stato esclusivamente Matteo Salvini e le discusse politiche di governo della Lega. A Fiuggi si è riunito, infatti, lo stato maggiore di Forza Italia, con un atteso intervento del suo presidente Silvio Berlusconi, mentre Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia hanno inaugurato la nuova stagione della Destra alla convention Atreju di Roma.

Si tratta, a ben vedere, di due visioni molto diverse del futuro italiano che, alla fin fine, portano una luce di chiarezza sul futuro della coalizione, non soltanto per la logica dei reciproci e differenziati rapporti delle opposizioni non di sinistra con Lega, ma anche e soprattutto per i relativi ambiti di lavoro politico propri di ciascuno. In primis, è emerso un fatto positivo ormai consolidato, ovviamente nell’alveo delle culture liberali e conservatrici, vale a dire la potente vitalità e gli spazi di manovra estremamente ampli a disposizione. Non soltanto, infatti, vi è chi sta al governo (Lega) e chi sta all’opposizione (FdI e Fi), ma addirittura convivono famiglie politiche eterogenee e profondamente diverse in un disegno potenzialmente comune che potrebbe essere perfino meno contraddittorio dell’attuale Gabinetto Conte. Il nucleo di partenza è la crisi radicale del centrosinistra, ormai a rischio estinzione, e la comune opposizione che sia Meloni e sia Berlusconi affermano contro il M5Stelle. Certo, l’attitudine di contrasto è più sfumata in FdI rispetto a Fi, ma, a ben vedere, le due anime moderate convengono nel giudizio negativo sull’alleanza Giallo-Verde, facendo convergere da poli diversi una medesima critica non tanto alla politica della Lega quanto alla strategia nazionale salviniana.

Berlusconi è stato, in effetti, il più duro con il leader del Carroccio, stigmatizzando le frasi ostili verso i forzisti venute fuori dalla Lega, ponendo al vertice delle priorità il fatto incontrovertibile che i grillini non appartengono alla famiglia del centrodestra, hanno una visione opposta rispetto al disegno liberale, divenendo un pericolo in virtù specialmente delle tesi e delle finalità economiche assistenziali e para socialiste che li animano nel profondo.

Berlusconi ha incentrato il suo intervento prevalentemente su questa alternativa liberale alla foga rivoluzionaria dei 5 Stelle, un disappunto che Forza Italia vorrebbe intercettare in opposizione alle logiche incompatibili dell’esecutivo a trazione leghista.

In ultima istanza, la differenza che Forza Italia vorrebbe evidenziare smarca il movimento berlusconiano dall’intera idea comunitaria e nazionalista che la Lega e Fratelli d’Italia condividono da sponde opposte.

Di diverso tenore è stato, d’altronde, proprio l’intervento di Meloni. Per il suo partito si tratta di divenire il polo identitario del cosiddetto “sovranismo internazionale”, ossia di raccogliere non soltanto le istanze classiche della destra patriottica, ma di riuscirle a coniugare nel presente con la politologia multi-statuale di Bennon, e con alleanze internazionali nelle quali Putin, Orban e Trump, e non Bruxelles, costituiscano le coordinate essenziali.

In effetti, all’unisono si sono presentate a distanza due anime forti della destra occidentale, quella liberale e quella conservatrice, che in molti frangenti sono state alleate, ma che altrettanto spesso si sono contrapposte tra loro.

Il punto vero di coincidenza possibile tra nazionalisti, comunitaristi e liberali non è stato tuttavia indicato in modo sufficientemente netto. In tanto, vi è la discrepanza ideologica rispetto alla socialdemocrazia di ispirazione post marxista, che riposa sul primato della persona concreta, dell’uomo e della donna nelle loro reciproche e diverse peculiarità, in contrasto cioè alla costruzione di un modello sociale universale ed egualitario. L’essere umano, infatti, non è né soltanto libertà, né esclusivamente socialità, né tanto meno può ridursi ad essere un membro massificato del sistema economico globale, bensì è materialmente e spiritualmente realizzato nella sua natura propria e determinata, un’essenza fatta di differenze ed eterogeneità culturali e ambientali di tipo sostanziale.

L’identità comune del centrodestra dovrebbe partire, insomma, non da sovranità e libertà ma dalla persona nella sua realtà naturale immutabile e disomogenea. Vi sono delle costanti etiche e antropologiche che devono precedere qualsiasi progetto politico, identità che il centrodestra deve affermare e che legittimamente gli altri negano e disapprovano. Queste sensibilità antiprogressiste sono dirette ad un contenimento del potere, mediante la creazione di freni adeguati ad ogni ipotesi di incremento del dominio della politica e delle ideologie utopiste sulla vita e sul lavoro avverabile dei cittadini in carne ed ossa.

La nazione è la comunità naturale della persona, risponde pienamente e originariamente all’identità intima di ciascuno, ben prima che la libertà e la volontà individuale e collettiva esprimano l’autodeterminazione sociale incontrollata e ne smantellino la trama e l’ordito soggiacenti. Ecco perché oggi Lega e FdI sono più attraenti elettoralmente di Forza Italia; ed ecco soprattutto perché la socialdemocrazia è entrata in crisi: a causa del fallimento di una visione evolutiva e razionalista del mondo il cui esito è giudicato perlopiù come totalmente disastroso dalla gente comune, essendo astratto, pretenzioso e pericoloso per la sicurezza e la proprietà.

Dopodiché, una volta stabilito questo asse originario dell’uomo, ossia il suo radicamento nel territorio e nella propria comunità, è logico che la libertà costituisca un valore importantissimo, purché non indebolisca e non minacci l’esistenza e la libertà altrui. Anzi, la libertà vera è possibile solo su una base radicata e dentro limiti specifici protetti e salvaguardati dallo Stato. Ogni persona, infatti, è libera, ma lo è nella misura della propria essenza sociale di partenza che costituisce il valore e il confine di autonomia che ogni individuo può reclamare nel quadro di doveri chiari e ordinati umanamente alla socialità.

In fin dei conti, il sovranismo o disegna il ritorno all’autonomia umana dei cittadini nel proprio Stato, alla salvaguardia della loro forza materiale e spirituale determinata, oppure non è altro che un modo diverso di essere socialisti. Un centrodestra coeso e compatto deve iniziare perciò dalla persona, dalla nazione, dalla comunità per difendere e promuovere la libertà, opponendo questa forza oggettiva e naturale esistente e coincidente con la Patria a concezioni volontariste, come quelle grilline, o a visioni progressiste, come quelle abitualmente promosse dal Pd e dalla sinistra radicale. In questo modo si può essere liberali, comunitari e nazionalisti insieme, formando una coalizione di centrodestra. In modo diverso, magari con strane alleanze variopinte e contraddittorie, alla fine non si produce granché.

Un grande polo moderato, dunque, è attuabile, a condizione che il primato della natura umana sulla volontà politica conferisca alla politica stessa il compito esclusivo e limitato di difendere e conservare nazione e libertà. Ed è avverabile, inoltre, unicamente senza i grillini e in opposizione non tanto al centrosinistra che non c’è, ma a quello che presto, in qualche maniera, rinascerà di sicuro. Il resto, sovranismo o liberalismo che sia, non è centrodestra e forse non è neanche interessante ragionarci su.

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