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L’opzione Benedetto non è alternativa a Francesco. Il messaggio di Dreher

Ieri il cordoglio per la strage dell’11 settembre 2001. Oggi il dolore per un’altra strage di anime, non meno drammatica, che colpisce il cuore della Chiesa. È un’immagine forte quella con cui padre Georg Gänswein, prefetto della Casa Pontificia, ha voluto condannare i decenni di abusi sessuali emersi in un rapporto del Grand Jury della Pennsylvania. L’occasione per farlo è la presentazione dell’ultimo volume di Rod Dreher, scrittore americano che da anni è un riferimento per il mondo conservatore, l’“Opzione Benedetto” (Ed. San Paolo), organizzata alla Camera dei Deputati dalla Fondazione De Gasperi alla presenza del presidente Angelino Alfano, del segretario generale Lorenzo Malagola e del deputato di Forza Italia Antonio Palmieri, proprio l’11 settembre. Una coincidenza? “Un vero e proprio atto della Divina Provvidenza” – Gäenswein non ha dubbi – “oggi, infatti, anche la Chiesa cattolica guarda piena di sconcerto al proprio ‘9/11’, al proprio 11 settembre, anche se questa catastrofe non è purtroppo associata a un’unica data, quanto a tanti giorni e anni, e a innumerevoli vittime”.

Il paragone può sembrare azzardato, spiega l’arcivescovo, ma la ferita aperta dal caso McCarrick lo giustifica. Nessun aereo si è schiantato contro una basilica. Tuttavia lo sconforto e lo smarrimento suscitati dagli scandali che stanno colpendo la Chiesa sono un fatto “ancor più terribile di quanto avrebbe potuto essere la notizia del crollo di tutte le chiese della Pennsylvania insieme alla basilica del santuario nazionale dell’Immacolata Concezione a Washington”. Gänswein parla senza aggirare il problema, e come sempre trova conforto nelle parole del papa emerito Benedetto XVI, che continua a servire come segretario particolare. Il ricordo vola alla profetica visita di Ratzinger negli Stati Uniti dell’aprile 2008, quando entrato nel Santuario Nazionale della Chiesa cattolica negli Stati Uniti d’America “cercò di scuotere i vescovi convenuti da tutti gli Stati Uniti: parlava chino per la “profonda vergogna” causata “dall’abuso sessuale dei minori da parte di sacerdoti” e “dell’enorme dolore che le vostre comunità hanno sofferto quando uomini di Chiesa hanno tradito i loro obblighi e compiti sacerdotali con un simile comportamento gravemente immorale”. Un appello caduto nel vuoto, a dispetto delle “assicurazioni formali e gli impegni a parole di una grande parte della gerarchia”.

Le parole di Benedetto XVI riecheggiano di continuo nel discorso di Gänswein. E con esse riecheggia il monito, lanciato nel viaggio del pontefice a Fatima del 2010, sulla persecuzione più pericolosa che attendeva la Chiesa: una minaccia che non “viene da fuori”, ma cresce al suo interno, come un morbo. Oggi quelle parole tornano in mente e scuotono dal profondo: è questa la “prova finale che scuoterà la fede di molti credenti” (Catechismo n. 675) che attende al varco la Chiesa “prima della venuta di Cristo”?. Rod Dreher non ha una risposta univoca, ma prova a indicare una via. Quella di San Benedetto da Norcia, il santo monaco vissuto nel V secolo d.C. che decise di reagire al “caos che aveva invaso il mondo post-romano” ritirandosi a pregare in una grotta a Subiaco. Un ritiro che non fu ritirata, ma meditazione e preparazione per tornare nel mondo, annunciare il Vangelo e fondare l’ordine dei Benedettini, i monaci che “hanno posto le fondamenta per la rinascita della civiltà”.

L’“Opzione Benedetto” indicata da Dreher, che tanto ha scosso le coscienze in America, risente molto della biografia dell’autore. Cresciuto come protestante, ha incontrato la fede cattolica da ventenne e ha abbracciato la causa, scrive l’autore in un recente editoriale sul New York Times, come “una spada da brandire contro il mondo e i nemici della Chiesa”.  La passione per la testimonianza non regge però l’urto degli scandali sugli abusi sessuali che travolgono la Chiesa statunitense nei primi anni ‘2000, che Dreher è costretto a seguire in veste di cronista. Da lì la ricerca di una nuova vita spirituale grazie all’incontro con il Cristianesimo ortodosso, per tornare al cuore del messaggio cristiano e allontanarsi solo momentaneamente dalle cose del mondo, proprio come Benedetto da Norcia. Oggi Dreher, dice padre Gänswein alla platea della sala Aldo Moro, “non è affatto un religioso, ma un laico che cerca di conquistare anime al Regno di Dio che Gesù Cristo ha annunciato per noi non sulla base di un incarico ingiuntogli da altri, quanto sulle ali di un entusiasmo e di una volontà assolutamente personali”.

Qualcuno ha letto il libro di Dreher come un invito a ritirarsi dal mondo. Pesanti critiche sono giunte dalle colonne della Civiltà Cattolica. “Non capisco perché padre Antonio Spadaro ritenga che il mio libro si schieri contro l’appello di papa Francesco di evangelizzare il mondo” – risponde a tono lo scrittore americano dalla Camera dei Deputati – se vogliamo andare nel mondo dobbiamo avere un messaggio da portare. Qualcuno preferisce sparare sul messaggero pur di distruggere il messaggio”. Il ritorno alla vita di preghiera e alla lettura del Vangelo propria delle piccole comunità cristiane proposto nel libro è in effetti tutto fuorché una rinuncia. Dreher invita piuttosto alla resistenza contro la “dittatura del relativismo” (copyright Ratzinger). Il cuore della testimonianza cristiana non ha nulla a che vedere con “il diritto di avere un proprio concetto dell’esistenza e della vita umana”, come scrisse un giudice della Corte Suprema Usa in una famosa sentenza del 1992. Per resistere all’ “alluvione” della secolarizzazione i cristiani devono prima riscoprire nella parola di Dio le proprie radici e poi difenderle con orgoglio nel mondo. Senza radici l’albero della Chiesa rischia di appassire una volta per tutte.

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