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Salvini ad Arcore: istruzioni per l’uso

lega

Se lo guardi bene ti accorgi che il governo in carica non è esattamente un governo M5S-Lega, ma piuttosto un governo M5S-Salvini.

Ed è questo l’elemento più importante da considerare nella giornata di oggi, cioè nella domenica che porta ad Arcore il leader della Lega.

Guardiamo i ministeri che contano: all’Economia c’è un tecnico (Tria) e lo stesso vale per gli Esteri (Moavero) e per le Politiche Europee (Savona).

Alla Difesa (Trenta), alla Giustizia (Bonafede), alla Salute (Grillo), alle Infrastrutture (Toninelli), allo Sviluppo Economico e al Welfare (Di Maio) siedono ministri a cinque stelle, mentre a Palazzo Chigi c’è un premier di mediazione, ma certamente più vicino al giallo che al verde.

Gli altri ruoli di governo sono marginali (nessuno si offenda) ed è quindi evidente che l’unico incarico importante per la Lega è quello di Salvini medesimo al Viminale.

Cosa ci dice tutto questo, in particolare nella giornata di oggi?

Moltissimo, soprattutto se combinato con il fatto che la Lega non ha nemmeno una della due presidenze delle assemblee parlamentari (Casellati è di FI e Fico del M5S).

Ci dice moltissimo perché certifica la volontà esplicita del leader leghista di entrare al governo con tutta la forza della sua presenza (peraltro spesa sul tema più redditizio elettoralmente, cioè l’immigrazione), ma lasciando ampio spazio di manovra per eventuali modifiche in corsa, senza escludere una durata non troppo lunga della legislatura.

Il governo, peraltro, è figlio del voto di marzo, con i grillini sopra il 30 e la Lega al 17, mentre adesso tutti i sondaggi certificano il ribaltone, con la Lega al 30-32 e il movimento al 28-30, dato che rende ancora più stridente il contrasto tra la composizione dell’esecutivo e le reali forze in campo.

Per carità, governare è difficile e la vita di coalizione (anche a due) sempre una battaglia, quindi non bisogna dare troppo rilievo alle tensioni sul decreto per Genova o alle baruffe in vista della manovra economica d’autunno: siamo nella più assoluta fisiologia di quel mestieraccio che è la politica.

Però è di tutta evidenza la situazione piuttosto eccezionale in cui opera la maggioranza di governo, anche perché essa è diventata tale solo dopo le elezioni.

Arriviamo però ad Arcore, luogo di culto della Seconda Repubblica (che è finita per sempre), alla ricerca di un ruolo anche nella Terza (che sta provando a nascere).

Il Cavaliere ha meno voti (i sondaggi lo danno sotto il 10), meno energia (gli anni passano anche per lui), meno fascino (ha persino venduto il Milan) e decisamente meno voglia (tutti quelli che l’hanno incontrato quest’estate, cioè pochi, lo descrivono annoiato e distante dalle vicende politiche) però dispone di un bene di valore inestimabile agli occhi di Salvini, cioè un pacchetto di voti capace (come dimostrato alle regionali di Sicilia, Lombardia e Friuli) di consegnare al centro-destra vittorie sonanti in grado di inchiodare all’opposizione tanto il M5S quanto la sinistra.

Quindi anche il Cavaliere dimezzato è molto importante per Salvini, considerando peraltro che Mediaset rimane ben salda al centro della scena televisiva nazionale, anche alla luce del nuovo progetto editoriale di Rete 4 (che inizia a far adesso quello che La7 fa da anni).

Ed allo stesso tempo Salvini è importante per il Cav, poiché Forza Italia (o quel che ne resta) è per sua natura partito di governo, poco avvezzo alle battaglie di testimonianza od opposizione “a prescindere”.

Insomma i due hanno interesse a parlarsi, sia perché serve tatticamente a Salvini (anche come strumento di pressione verso i suoi alleati al governo) sia perché certifica un ruolo del Cavaliere comunque di primo piano, dopo essere stato l’alfa e l’omega senza soluzione di continuità dal 1994 al 2011 (poi ha cominciato a dividere con altri il palcoscenico).

La prova “documentale” di questo ragionamento l’abbiamo peraltro avuta sul palco a Genova venerdì, con la solida prova di “buon governo” (anche in un frangente drammatico) che stanno dando il sindaco Bucci e il governatore Toti, non a caso espressione purissima (entrambi) di accordi tra Lega e FI senza concessioni ad altri.

Ebbene, proprio lo “schema Toti” è il succo del confronto oggi ad Arcore, poiché esso è, ad un tempo, un progetto politico ed una pratica di governo.

Progetto politico perché sostiene l’autosufficienza del centro-destra, pratica di governo perché incoraggia un pragmatismo riformista che è l’esatto contrario della furia iconoclasta di certa parte del M5S, ben rappresentata dalla volontà di rinunciare a TAP e TAV o dalla tanto annunciata quanto improbabile nazionalizzazione dell’intera rete autostradale.

Insomma Toti diventa il “modello” di un nuovo equilibrio a destra, con FI in posizione non più dominante ma non per questo assente ed un ritorno ad una pratica di governo che intende collocarsi esattamente all’opposto, tanto per fare un esempio, del metodo seguito sin qui dal ministro Toninelli (foto con plastico del ponte Morandi compresa).

Si lavora per il futuro comunque.

Il rapporto tra Salvini e Di Maio è (sul piano personale) molto solido e franco.

Al tempo stesso Berlusconi e Salvini si detestano oltre ogni ragionevole dubbio.

Detto ciò, oggi ad Arcore si sprecheranno i sorrisi, con la compiaciuta benedizione di Antonio Tajani.

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