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Siria, Francia e Germania entrano in campo. Italia in panchina (per quanto?)

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A circa tre giorni dalla trilaterale tra Iran, Turchia e Russia per discutere della complicata situazione di Idlib, un altro importante appuntamento si aggiunge sull’agenda del processo di stabilizzazione della crisi siriana. I rappresentanti di Germania, Francia, insieme a Mosca, Teheran e Ankara, si riuniranno venerdì a Istanbul per un confronto preliminare sull’organizzazione di un summit specifico sulla Siria, che, con tutta probabilità, si svolgerà sempre nella città turca. Un annuncio, quello del presidente Recep Tayyip Erdogan, volto a diventare la “partita di ritorno” dell’incontro tenutosi a Teheran venerdì, in modo da garantire un nuovo meccanismo di dialogo per una soluzione politica nella regione siriana.

Un ampliamento delle prospettive di influenza, che si affiancherebbero, dunque, a quelle poste in essere da Astana e da Ginevra. Sul tema, Formiche.net ha chiesto un parere a Eugenio Dacrema, associate research fellow dell’Ispi: “Il mio parere è che si sta esaurendo la spinta propulsiva di quella che era la piattaforma di Astana, che un po’ ha gestito la guerra fino ad oggi. Si apre, in questo modo, una nuova stagione in cui ci si focalizza su due cose principalmente: il primo è il ritorno o il non ritorno dei profughi, il secondo è quello della ricostruzione. Per entrambe le questioni, il triumvirato di Astana non può rimanere tale, deve perciò allargarsi ad altri attori”.

È per questa ragione comprensibile che con la battaglia di Idlib alle porte, la soluzione ai sette lunghi anni di guerra comprenda scenari e possibilità nuove, che si affacciano adesso su uno scenario compromesso e bisognoso di un supporto pratico ed economico. Dacrema continua: “Entrano in gioco due fronti diversi: da una parte la ricerca di attori terzi, non occidentali, come per esempio la Cina. Una soluzione che però, pur piacendoad Assad, non convince la Russia, che non vuole vedere messo in discussione il proprio ascendente sul Paese, attraverso un altro attore forte. Dall’altra parte, poi, c’è la soluzione che piace di più a Mosca, e cioè quella di allacciare un legame con gli europei, i quali accettando finalmente il fatto che Assad rimanga al potere, contribuirebbero finanziariamente alla ricostruzione”.

La cosa che salta all’occhio, inoltre, è che nonostante la crescente attenzione italiana al versante Mediorientale (vedi Libia e Libano), quest’ultima non sia citata tra gli invitati all’incontro preliminare. L’esperto però aggiunge: “Anche se non vi è l’Italia, questo evento è comunque inquadrabile, secondo il mio parere, come un primo segnale invitando i due Stati maggiormente coinvolti sia da un punto di vista del problema dei profughi siriani, come la Germania, sia per le potenzialità economiche economiche”.

Un giro di boa, in definitiva, che “da un lato vede l’Ue, che per una serie di ragioni, anche istituzionali, decide di non intervenire fino a quando non ci siano degli effettivi e concreti passi verso un processo politico. Dall’altro, però, vede l’Europa con i suoi singoli stati membri”, afferma Dacrema. Roma resterebbe dietro l’angolo, attenta e concentrata, pronta ad entrare nella partita: “Mi è chiaro, anche da fonti provenienti direttamente da Damasco, che altri Paesi, tra cui l’Italia, si stiano informando sui tipi di canale da intraprendere per partecipare alla ricostruzione. Non ho, quindi, dubbio alcuno che l’Italia, anche attraverso l’influenza che esercita nel vicino Libano e a Tripoli, contribuirà al processo di ricostruzione e stabilizzazione siriano”, ha concluso l’analista dell’Ispi.

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