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Così le democrazie occidentali possono arginare la disinformazione di Mosca

quinto piano disinformazione

Dalla campagna presidenziale statunitense del 2016 fino a casi più recenti, l’impatto della disinformazione online e, in particolare, da quella messa in atto da Mosca, è ormai argomento di primaria importanza. Il tema è stato è stato affrontato in uno dei panel del terzo Forum Transatlantico sulla Russia tenutosi oggi a Roma presso il Centro Studi Americani.

COORDINAMENTO E COMPRENSIONE

“Parlare di disinformazione”, ha spiegato Nad’a Kovalcikova del German Marshall Fund, think tank impegnato nell’iniziativa Alliance for Securing Democracy, “significa concedere credibilità agli attori stessi che vi sono coinvolti, per questo serve un coordinamento degli stessi per poterla contrastare”. Una strategia, ha rimarcato, che si fondi su policy poggiate su alcuni pilastri come “deterrenza, resilienza, nonché la creazione di un contesto che non solo dia notizie ma dia ai lettori gli elementi di contorno necessari per una piena comprensione dei fatti”.

Negli ultimi anni, è emerso durante l’incontro, quelle che tecnicamente vengono chiamate “operazioni di influenza ostile” hanno acquisito sempre maggior consistenza, radicandosi profondamente nei gangli delle società democratiche che, a loro volta, si sono trovate nella necessità, per contrastarla, di comprenderne gli elementi più reconditi ed essenziali. Uno studio – da sviluppare in una prospettiva transatlantica – che non può ovviamente prescindere dalla dimensione primaria ormai rappresentata da internet e dai social media.

LA STRATEGIA RUSSA

Al centro del dibattito, oggi, c’è l’analisi su quale possa essere la strategia messa in campo dalla Russia e su quali siano, ad oggi, concretamente le misure per contrastarla. E se le azioni di Mosca, ha detto Lior Tabansky dell’Università di Tel Aviv, sono mirate, in un certo senso, a limitare “l’avanzamento della mentalità occidentale”, i social media risultano essere, in proposito, un vero e proprio strumento di potere”, in grado di orientare, influenzare l’opinione pubblica. D’altra parte, ha aggiunto Tabansky “la fiducia nelle istituzioni ha subito, nell’ultimo anno, un considerevole declino”, elemento essenziale proprio per il radicamento delle influenze ostili.

“Non so se esista – ha continuato l’esperto – un punto davvero critico a cui arriveremo nel prossimo futuro, ma resta il fatto che il fenomeno che oggi noi chiamiamo di disinformazione è cominciato già diversi anni fa, molto prima del 2016”.

LE AZIONI DI CONTRASTO

Quali sono, dunque, le forme democratiche per affrontare questa sfida? “Affidarsi ai governi non è l’unica alternativa”, ha evidenziato Geysha Gonzalez, deputy director dell’Eurasia Center dell’Atlantic Council. “I media devono essere certamente responsabili di ciò che trasmettono ai propri lettori, ma allo stesso tempo devono poter sopravvivere”, ha proseguito, “è necessaria, quindi, una cooperazione tra governi e società civile per poter raggiungere l’obiettivo di contrastare in maniera effettiva la disinformazione che passa attraverso questi canali”. Un elemento, secondo la Gonzalez, potrebbe essere “invitare i nostri governi a lavorare con le aziende private” per creare delle vere e proprie policy per regolare con la delicatezza necessaria queste notizie.

LE SOLUZIONI POSSIBILI

Cooperazione e idee reali, dunque, sono oggi necessarie per una strategia di contrasto, o quantomeno di contenimento, che ha bisogno di essere studiata nei minimi dettagli. Sempre da Lior Tabansky arrivano, in proposito, tre possibilità per affrontare il problema: prima di tutto la valutazione dell’effetto della disinformazione nelle attitudini e nelle azioni di chi viene condizionato. In secondo luogo quella di avere un’idea chiara di come ci si muove nel cyber spazio e di quali siano tecnicamente le azioni volte alla creazione della notizia, così da poterle contrastare dall’interno e in ogni sua fase. Infine il coinvolgimento stesso nel “gioco” delle creazione della news, in modo da poterne comprendere le strategie e contrastarle. Un percorso complesso e impegnativo, ma possibile.

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