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I pacchi bomba contro i “nemici” di Trump

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Il Nypd, la polizia newyorkese, ha portato via con un veicolo degli artificieri un pacco bomba trovato tra la posta della casa di produzione di proprietà dell’attore Robert De Niro a Tribeca, quartiere del sud di Manhattan. De Niro è un personaggio considerato piuttosto vicino alle posizioni del Partito Democratico americano, e per questo gli investigatori stanno cercando di capire se ci sono collegamenti (è molto facile che ci siano) con gli altri ordigni inviati negli ultimi due giorni ai coniugi Clinton, a Barack Obama, alla senatrice Dem Maxine Waters, all’ex ministro della Giustizia sotto Obama Eric Holder (pacco recapitato presso l’ufficio dell’ex presidentessa del Partito Democratico Debbie Wasserman Schultz, il cui nome per altro era indicato come finto mittente su tutte le buste trovate mercoledì), Joe Biden (ex Veep di Obama) e alla sede di New York della Cnn indirizzato a John Brennan, che con l’amministrazione democratica che ha preceduto quella trumpiana era direttore della Cia (mentre adesso fa il commentatore televisivo, fisso alla liberal Msnbc), al governatore dello stato di Ny, Andrew Cuomo e alla villa del finanziere George Soros.

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I primi sono stato tutti intercettati dal Secret Service, che non sono i servizi segreti ma la scorta di certe autorità pubbliche; quello inviato a Soros l’ha preso un suo collaboratore, che dopo averlo aperto l’ha subito gettato in giardino (poi gli artificieri lo hanno fatto brillare).

È un caso poliziesco, perché i collegamenti tra gli ordigni artigianali (tutti inesplosi, forse alcuni inattivi secondo l’Fbi, uno, quello inviato a Cuomo, senza esplosivo) sono quasi ovvi. La fabbricazione è il primo elemento, tecnico ma piuttosto significativo, che costituisce una prova: tutte le bombe sono state assemblate mettendo insieme un tubo di plastica riempito di polvere da sparo di fuochi d’artificio e schegge di vetro (per massimizzare l’effetto dell’esplosione), chiuso da nastro isolante e collegato a un timer digitale. Sistemi che in gergo tecnico si chiamano “Pipe Bomb” (da pipe, tubo). Sul pacco diretto alla Cnn per Brennan c’era un disegno che scimmiottava la bandiera dell’Isis, tre donne stilizzate e sotto la scritta “Get Er Done”: non è niente di nuovo, gira dal 2014 tra i gruppi di estrema destra statunitensi. Tutto sta passando sotto il vaglio della scientifica, mentre il Bureau conduce indagini su altri generi di impronte lasciate dai colpevoli: video delle telecamere di sorveglianza, intercettazioni, passi falsi.

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Poi c’è il caso politico, che potremmo chiamare la “pista Trump”. Tutte le persone attaccate hanno in comune una posizione critica nei confronti del presidente Donald Trump, molte, come i Clinton, Soros, Obama, sono odiati dai gruppi dell’estrema destra (violenta, nazionalista e suprematista) e sono i protagonisti di alcuni dei più sgangherati complotti da favola di cui i trumpiani, guidati dal loro leader e dai commentatori conservatori più spregiudicati, sembrano essersi convinti.

Trump ha preso inizialmente una posizione diplomatica sui fatti, dicendo che serviva unità, in un discorso tenuto dalla Casa Bianca, ma qualche ora dopo, nella serata di mercoledì, durante un comizio per le Midterms gli è di nuovo scivolato il freno ed è finito per prendersela con i destinatari delle bombe, colpevoli di esacerbare un’ostilità senza fine, che li porta da aggressori (contro di lui) a vittime (dei suoi?).

Si attendono le indagini: il clima negli Stati Uniti che vivono l’ultima dozzina di giorni prima delle elezioni di metà mandato è avvelenato, e dietro certi gesti potrebbe esserci qualsiasi degli Unabomber che ha scelto di sfruttare il contesto per ricevere copertura mediatica e appagare la sua psiche.

 

 

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