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Manovra, la procedura di infrazione non è il male assoluto. Parla Scandizzo

Non è il momento dello sconforto al ministero dell’Economia. Anzi. Il giorno dopo lo strano vertice europeo dei ministri delle Finanze (qui l’articolo di ieri), con il ministro Giovanni Tria che ha abbandonato anzitempo i lavori, saltando anche l’incontro con la stampa, c’era più di un motivo per credere che le cose tra Roma e Bruxelles si stessero mettendo male. E molto. Forse alla fine è davvero così. Ma questo non toglie che sperare in un accordo finale sulla manovra è lecito. Ma soprattutto non è il caso di fasciarsi la testa prima che si sia rotta.

L’Europa ha chiesto all’Italia di rivedere i principali saldi di bilancio sui quali poggia l’intera ex finanziaria, a partire dal deficit. Per il governo gialloverde non se ne parla, perché vorrebbe dire gettare alle ortiche l’intero impianto, per non dire filosofia, della stessa legge di Bilancio. Dunque, muro contro muro. Non è però il caso di farsi prendere dal panico, almeno secondo Pasquale Lucio Scandizzo, economista in forza a Tor Vergata e consigliere dello stesso ministro Tria. Una procedura di infrazione, semmai arriverà, può essere vista anche da un altro punto di vista.

“Non credo che si possa ancora dare per certa la procedura di infrazione, questo è bene premetterlo. Dopo l’Eurogruppo di ieri c’è ancora margine di dialogo con l’Europa”, spiega Scandizzo. “Quello che noi dobbiamo fare è evidente: spiegare al meglio la manovra del governo, nelle sue dimensioni complessive, nei suoi numeri e i nei suoi dettagli, distinguendo le previsioni dagli obiettivi. Un’operazione di comunicazione”.

Il consigliere di Tria, ha bene in mente la strada per evitare la collisione con l’Europa. “Il compito e l’obiettivo del governo è nella sostanza riuscire a trasmettere all’Europa il senso della qualità di questa manovra, illustrandola al meglio, soprattutto per quanto riguarda gli investimenti. Che ci sono, va detto e ripetuto”. Scandizzo riflette poi sui lavori all’Eurogruppo, che i più hanno interpretato come il segno della rottura definitiva tra Roma e Bruxelles.

“Non mi pare che dall’Eurogruppo siano arrivate reazioni così negative. Ci possono certamente essere delle osservazioni a monte e delle azioni a valle, sulla cui parte formale però non decide la Commissione Europea ma il Consiglio. Il massimo che possiamo rischiare è sì una procedura di infrazione, che però costituisce un procedimento con garanzie per entrambe le parti coinvolte e un esito non prevedibile a priori. Che cosa voglio dire? Che la procedura di infrazione, la cui fase formale deve essere promossa dal Consiglio come detto, non è una condanna, ma un procedimento che prevede tra l’altro la possibilità di ricorso, ed è stato previsto per garantire i diritti di entrambe le parti e cioè lo stesso Consiglio europeo e il governo del paese interessato”.

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