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Mercato e governo, Gubitosi parte col vento in poppa in Tim

Alitalia

Le carte sono in regola. Meno male, così sarà più facile vincere la sfida della rete unica. Luigi Gubitosi, ex dg Rai e fino a poche ore fa commissario Alitalia, è da ieri sera al timone di Tim, dopo il ribaltone della settimana scorsa che ha visto Amos Genish uscire sconfitto dal confronto con il board e in particolare con Elliott, il fondo attivista americano che ha chiesto la sua testa (Genish era stato imposto alla guida di Tim da Vivendi, azionista al 24%), ottenendola.

Una scelta ben calibrata visto che Gubitosi tutto è tranne che un outsider della materia. A dire la verità però non poteva essere diversamente vista la partita che si sta per aprire: la creazione di un unico soggetto incaricato di gestire lo sviluppo della banda ultralarga in Italia. Questo sul fronte nazionale. Poi ci sono le sfide interne a Tim, come la ristrutturazione del debito, che rimane ancora alto e la concorrenza con i nuovi player di mercato, Iliad su tutti.

A Gubitosi però non mancano le cartucce da sparare. Il punto di partenza è che l’ormai ex commissario Alitalia ha un buon rapporto con il governo, presupposto essenziale per portare a compimento il progetto spin-off/rete unica, insieme al campione pubblico Open Fiber. Senza un feeling con l’esecutivo gialloverde sarà pressoché impossibile convergere sull’obiettivo. Ma Gubitosi ce l’ha, anche per gli analisti di Fidentiis, per i quali la scelta di puntare sul manager napoletano “è stata guidata dal fatto che il manager ha un personale buon legame con il governo italiano e sostiene lo sviluppo del progetto di una rete unica e di una fusione con Open Fiber, che sarebbe la condizione per ottenere una remunerazione Rab attualmente in discussione tra i membri del governo”.

In effetti, una delle prime uscite di Gubitosi a board per la sua nomina, certifica tale assonanza con Palazzo Chigi. “Tim ha una grande storia e un capitale umano da valorizzare per vincere la sfida del mercato, incrementare la generazione di cash flow per ridurre il debito ed esaminare con attenzione e velocità il progetto per la costituzione di una rete unica”. Musica per le orecchie dell’esecutivo, che proprio in queste ore sta studiando il dossier Tim-Open Fiber con l’obiettivo di dare un’accelerazione all’intero progetto. Anche per gli esperti del Credit Suisse la scelta di Gubitosi si è rivelata azzeccata. Se non altro, spiega un report della banca elvetica, per la capacità di Gubitosi di negoziare il futuro assetto della società della rete. Infine c’è il responso più importante, quello del mercato.

Questa mattina il titolo Tim ha aperto gli scambi in deciso rialzo, avvicinandosi a metà seduta al +3%, per poi chiudere al +4%. Il titolo sale in queste ore del 3,5% a 0,543 euro dopo un massimo di seduta a quota 0,555. Un bel segnale per una società che negli ultimi mesi ha perso molto del suo valore in Borsa, accusa peraltro che ha pesato e non poco nella sfiducia a Genish.

Ma non sono tutte rose e fiori. Sulla strada di Gubitosi ci sono due ostacoli importanti. Primo, i francesi di Vivendi. Il nuovo ceo è stato eletto con cinque voti contrari, quelli dei consiglieri espressi dalla media company francese. Un board spaccato e poco compatto può rendere più difficoltosa la strada verso lo spin off e dunque verso la societarizzazione della rete. Per giunta il gruppo francese  si prepara a dare battaglia con le carte bollate – contestando la procedura di nomina dello stesso Gubitosi – e, al più presto, pure nel corso di una nuova assemblea in cui provare a tornare al controllo di fatto che aveva prima del 4 maggio.  I francesi sono insomma decisi a impugnare la delibera di nomina per vizi procedurali, da loro contestati anche nel corso dello stesso cda di domenica.

Divisioni che potrebbero impattare anche sulla stessa operazione rete unica. Il gruppo francese infatti ha sempre sponsorizzato una società unica ma a controllo esclusivo di Tim, mentre gli americani di Elliott si sono sempre detti favorevoli a una proprietà paritetica. Due visioni contrapposte che potrebbero creare problemi. Ma Gubitosi parte da una grande apertura di credito: governo più mercati. Non è poco.

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