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Che succede se un missile turco può raggiungere Atene?

Una foto di cattivo gusto che potrebbe avere ripercussioni diplomatiche e geopolitiche. Un quotidiano turco, a corredo di un articolo sul missile Bora testato dall’esercito, ha pubblicato una mappa da cui si evince che la distanza tra Smirne ed Atene è inferiore alla possibile gittata del razzo stesso.

L’ennesima provocazione sull’asse turco-greco, proprio mentre prende forma la nuova strategia del Pentagono su suolo ellenico relativo a basi e logistica, a corollario del dossier idrocarburi che poggia su Eastmed e gas a Cipro conteso da Erdogan.

BORA

Il razzo Bora ha un’autonomia di 280 chilometri e, come riportato dalla stampa turca, la distanza tra Smirne e Atene è di soli 230 chilometri. Una relazione chiaramente minacciosa, che mostra anche il clima prevalente nei media turchi, mentre quelli greci oggi titolano sulla bomba comunicativa sganciata proprio nel momento in cui si intensificano le perforazioni a caccia di gas nel Mediterraneo orientale.

Secondo quanto si osserva in un video diffuso dal profilo twitter della difesa, il missile può colpire un bersaglio a 280 chilometri con grande precisione. Il primo test di Bora venne eseguito con successo nel maggio 2017 nella città turca settentrionale di Sinop. Il progetto è stato avviato nel 2009 dalla società di difesa turca Roketsan, che ha realizzato lo sviluppo e la produzione del sistema missilistico. Bora è stato presentato nel febbraio scorso all’Idex, la più grande industria di armamenti del Medio Oriente. Nel mercato internazionale il sistema missilistico a lungo raggio è commercializzato con il nome “Khan”.

QUI ANKARA

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan da tempo ha sottolineato pubblicamente che la Turchia rafforzerà l’industria della difesa e diventerà un leader mondiale nella produzione di armamenti, aggiungendo che nessun ostacolo potrà fermare lo sviluppo dell’industria della difesa turca: “Istruisco personalmente tutti gli organismi preposti all’applicazione della legge a non importare prodotti di difesa dall’estero, la Turchia è in grado di procurarsi prodotti pertinenti”.

Inoltre a breve avvierà la produzione dei carri armati Altay, con i numeri del settore a confermare questo trend: tra il gennaio e il novembre 2018 le esportazioni dell’industria della difesa turca sono aumentate del 16,05% rispetto allo stesso periodo del 2017, raggiungendo 1,782 miliardi di dollari, di cui più di 150 milioni destinati al solo Oman, a dimostrazione di una crescita costante che nell’ultimo triennio accusa un investimento di 35 miliardi di dollari nel solo settore della difesa.

QUI ATENE

La questione della foto si somma all’ennesimo sconfinamento di caccia F-16 turchi nelle isole elleniche orientali, come accaduto sull’atollo di Kastellorizo che ha suscitato la reazione del ministro della difesa Panos Kammenos e del capo dello Stato maggiore ellenico, l’ammiraglio Evangelos Apostolakis. Il primo ha avvertito che “Ankara pagherebbe un prezzo” in caso di invasione: “Alla minima mossa li schiacceremo – ha detto – la Grecia vuole pace e armonia ma non concederà un solo centimetro della sua terra”.

Le dichiarazioni del ministro della Difesa fanno il paio con quelle del capo dello Stato maggiore ellenico: “Se i turchi atterrassero su un isolotto roccioso ellenico li raderemmo al suolo. Questa è la linea rossa sposata dal governo”. Secondo Apostolakis uno scontro militare con la Turchia è una possibilità, ma ha anche affermato che, insieme agli Stati Uniti e all’Unione europea, “si sforzano di garantire che la Turchia non raggiunga quel punto”.

Gli F-16 in questione lo scorso 17 dicembre hanno violato lo spazio aereo greco mentre il ministro Kammenos si trovava nell’Egeo orientale visitando unità militari sulle isole di Chios, Oinousses e Panagia. I jet turchi sono stati intercettati dai Mirage 2000 greci.

SCENARI

Due i filoni su cui si stanno muovendo le diplomazie, anche oltre oceano. Il primo verte sul tentativo “da condurre a tutti i costi” di tenere la Turchia all’interno della Nato. Per cui, riportano fonti diplomatiche, giocare la carta della “strategia a fisarmonica”, ovvero farsi concavi e convessi per non mancare l’obiettivo finale. Un percorso comunque denso di ostacoli, visto e considerato che sul tavolo c’è anche la questione dell’acquisto turco dei missili russi, passaggio che sia in ambito Nato che al Pentagono non è stato gradito.

Il secondo filone vede invece intrecciarsi il tutto con la retromarcia americana in Siria, per uno scacchiere che se possibile si complica ulteriormente. A dimostrazione di un panorama magmatico e in continua evoluzione ancora per molto, ecco la mossa dello scorso anno del progressivo disimpegno a stelle e strisce dalla base turca di Incirlik, per spostare mezzi e uomini in tre siti greci.

Dall’Egeo, Washington avrà così la possibilità sia di tenere sotto osservazione il versante medio orientale, sia di accompagnare la fase operativa di Exxon a caccia di gas a Cipro.

E se a ciò si aggiunge il fatto che il cosiddetto quadriumvirato del gas composto da Israele, Egitto Cipro e Grecia ha condotto in porto la trattativa per il gasdotto Eastmed con i favori mai nascosti della Casa Bianca, si comprende bene come quel fazzoletto di acque e di terre sia diventato ormai strategico anche per il futuro energetico dell’Ue.

twitter@FDepalo

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