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Ecco che cosa non funziona nel documento sulla governance farmaceutica. Parla da Empoli

Quando le ombre sono più delle luci qualcosa non va. Non fa eccezione il nuovo documento sulla governance farmaceutica (qui il testo), approntato in questi giorni dallo staff del ministro della Salute, Giulia Grillo. Sedici pagine per ridisegnare il perimetro della sanità italiana, tra le macchine pubbliche più elaborate e complesse al mondo, con un costo annuo di poco inferiore ai 150 miliardi di euro. Qualcosa però sembra non quadrare, altrimenti non si spiegherebbe la reazione delle imprese del farmaco, che hanno prontamente bocciato alcune delle proposte chiave contenute nel documento.

A cominciare da quel taglio di due miliardi alla spesa in farmaci. L’esecutivo gialloverde punta infatti a snellire la giungla di farmaci di cui si rifornisce il Servizio sanitario e indicati nel Prontuario nazionale. Ma questo alle aziende piace poco perché vuol dire rivedere gli attuali volumi di produzione ma anche gli investimenti pianificati. Dall’altra, secondo il principio di equivalenza si punta all’applicazione dello stesso prezzo di rimborso a farmaci terapeuticamente equivalenti. E nemmeno questa misura appare gradita all’industria del farmaco.

Formiche.net ne ha voluto sapere di più con Stefano da Empoli, economista e presidente di I-Com, l’Istituto per la Competitività. Da Empoli non fa fatica a elencare tutte le incongruenze del documento per la governance farmaceutica, nonché i possibili rischi per il sistema industriale. “Partiamo da un presupposto: riformare la governance farmaceutica è un fatto lodevole perché se ne parla da anni, ma senza che alle parole siano seguiti i fatti. Il proposito della riforma, dunque, è giusto”, premette da Empoli.

“Tuttavia ci sono alcuni punti che mi lasciano un po’ perplesso. A cominciare da una questione di metodo. Per esempio mi sarei aspettato, visto che si tratta di un documento di indubbia rilevanza, un maggior coinvolgimento degli stakeholder, in primis delle associazioni dei pazienti e delle imprese. In altre situazioni si sarebbe istituito un tavolo di confronto mentre in questo caso mi pare che il processo sia stato, per così dire, poco partecipato”. Il primo errore è dunque di forma, ma non per questo non ha la sua importanza. Approntare un testo di indubbia rilevanza per uno dei settori più tonici dell’economia senza aver consultato chi questo settore lo rappresenta.

L’analisi di da Empoli non si esaurisce qui. “Entrando nel merito, trovo questo documento parziale e in alcuni punti vago. Ad esempio non c’è nulla in merito all’impatto delle nuove tecnologie sul servizio sanitario nazionale. Inoltre non sarei partito dal tema dell’equivalenza, certamente rilevante ma non tanto da occupare le prime 4 pagine di un documento di questo tipo. E ancora il tema del payback, molto importante per il settore ma che qui ha un ruolo piuttosto marginale. E poi manca qualsiasi riferimento al tema dell’Health Technology Assessment di cui si sta discutendo a livello europeo. Insomma, troppe lacune”.

Ma il vero Tallone d’Achille sono i tagli alla spesa in farmaci. Lo Stato vorrebbe risparmiare ma, primo, come la mettiamo con le imprese? E che farne dei risparmi? “Premesso che sono scettico sul fatto che si riescano a tagliare in questo modo due miliardi di spesa farmaceutica convenzionata, il punto non è questo bensì che i soldi eventualmente risparmiati su farmaci non più protetti da brevetto siano investiti per favorire l’accesso alle cure innovative da parte dei cittadini di tutto il Paese. Senza differenze tra una regione e l’altra. Così potrebbe avere un senso. Tenuto conto di tutti questi elementi, il documento non appare particolarmente attento alle esigenze dell’industria, anche se non mancano spunti interessanti sui quali però occorrerebbe andare più in profondità. Mi riferisco, ad esempio, a quelli sulla semplificazione delle procedure e sulla valutazione dell’innovatività”.

Troppi buchi per fare a meno di un vero confronto aziende-governo-associazioni di pazienti. “Che ci sia un confronto alla fine? Bella domanda, lo stesso ministro Grillo lo ha evocato. Mi auguro proprio di sì e che non riguardi solamente alcuni punti contenuti nel documento ma che verta, più in generale, sulla sua architettura complessiva”.

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