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Sola contro tutti. L’Italia gialloverde e l’illusione della crescita. Parla Van Rompuy

“So che in Italia parlare bene dell’Ue non è più politically correct”. Herman Van Rompuy esordisce così di fronte agli studenti universitari accorsi alla scuola politica della Fondazione De Gasperi a Frascati. Presidente del Consiglio Europeo per due mandati consecutivi (2009-2014), poi a capo dell’Eurogruppo, ex primo ministro del Belgio, racconta il volto buono dell’Ue: l’erasmus, i fondi strutturali, il libero commercio. Non riesce e non vuole però nascondere le crepe nella costruzione europea, dal travagliato percorso della Brexit al ping pong di responsabilità sui flussi migratori. Per ultimo, il braccio di ferro fra governo italiano e Commissione sulla manovra. “È una situazione senza precedenti”, sospira a margine dell’incontro ai microfoni di Formiche.net l’uomo che, nella veste di mr Euro, ha sempre richiamato i Paesi membri, Italia in testa, al rigore fiscale. “Non dò interviste da un bel pezzo”, ci spiega un po’ titubante, ma il governo gialloverde val bene un’eccezione.

Cosa pensa di questo tiro alla fune fra Italia e Commissione Ue?

All’inizio sembrava uno scontro con la Commissione, ora è chiaro a tutti che si tratta di un confronto fra il governo italiano e ben 18 Paesi dell’Eurozona, è completamente diverso. L’Italia deve riconoscere di non avere né amici né alleati in questa sfida.

Davvero?

Non c’è più solo un problema con le cosiddette istituzioni burocratiche “non elette” come la Commissione, ma con ben diciotto Paesi democratici che stanno difendendo l’Eurozona, dove vige una regola molto chiara: se hai una moneta comune devi avere politiche economiche comuni. Una di queste è la politica di bilancio, e lo strumento per raggiungere la convergenza fra i Paesi membri è il famoso Patto di Stabilità e di Crescita. Se un solo Paese mette in dubbio la validità del patto nasce un problema per tutti gli altri Stati contraenti. Questo è oggi ancora più evidente di quando sei anni fa si è tenuta la prima riunione dell’Eurogruppo.

È una situazione senza precedenti?

Neanche con la Grecia si era arrivati allo scontro uno contro tutti. Il governo italiano sostiene di difendere la sua sovranità e rivendica di essere democraticamente eletto. Non c’è dubbio, ma lo sono anche tutti gli altri 18 Paesi della zona Euro che difendono l’interesse comune europeo.

Il presidente della Fed Jerome Powell ha parlato di un rischio per i mercati finanziari.

Certamente questo confronto fra Italia e Ue costituisce un rischio per i mercati, è evidente agli americani come lo è a noi europei che monitoriamo la situazione da vicino.

C’è la possibilità di un remake della crisi greca?

Non si può fare un paragone con la crisi greca del 2010-2011, all’epoca l’intera Eurozona era in crisi, oggi c’è un unico Stato che cerca lo scontro. Per ora non c’è rischio di contagio. Tutti gli altri Stati dell’Eurozona non stanno vivendo tensioni nei mercati obbligazionari, solo l’Italia è alle prese con un’impennata dello spread. La situazione è seria ma non drammatica, non sono pessimista. Sono sicuro che il governo italiano aggiusterà il bilancio. Non succederà da un giorno all’altro, ci sarà un processo negoziale. Da una parte la pressione dei mercati finanziari e dall’altra la constatazione di essere solo lo porteranno a miti consigli.

Il cosiddetto “momento Tsipras”, l’attimo in cui un politico euroscettico decide di fare marcia indietro e ascoltare Bruxelles.

Ripeto, l’Italia non è paragonabile alla Grecia di Tsipras, ha fondamentali molto più solidi. Quello in atto è uno scontro sugli obiettivi di bilancio e sul deficit. Il governo italiano dice che sarà del 2,4%, la Commissione ha detto del 2,9%, sinceramente fra i due credo più alla seconda.

Le faccio un altro numero: 1,6%. È la crescita nel 2019 secondo le stime del ministro dell’Economia Giovanni Tria.

Una gigantesca illusione. È sotto gli occhi di tutti che in Italia la crescita non sta aumentando, anzi ha iniziato a rallentare.

Questo sembra indicare l’ultimo rapporto Istat. Qualcuno dà la colpa a chi c’era prima a Palazzo Chigi.

Certo, puoi continuare a raccontare questa favola per un paio di mesi, poi finiscono gli alibi. L’Italia ha un problema di offerta e di produttività molto serio, la spinta della domanda sui prezzi può aiutare ma solo nel breve periodo.

Flat tax, reddito di cittadinanza, pensioni a quota 100. Possono stare tutte insieme, anche se diluite nei prossimi anni?

Non sono sicuro siano le misure giuste, questo però è un problema del governo italiano. So solo che tutti i Paesi europei devono fare i conti con queste esigenze. Se vuoi intervenire sulla povertà devi tagliare da qualche parte. Bisogna fare una scelta, la trappola della povertà è un’emergenza in Italia ma non puoi tagliare le tasse e aumentare la spesa allo stesso tempo. Capisco che questo sia il prezzo di una coalizione con un partito che vuole sgravi fiscali e un altro che chiede spesa sociale, ma se accontenti tutti ti ritrovi con un deficit al 2,9%.

Un altro duro confronto con Bruxelles durato due anni sembra giunto al termine. L’11 dicembre il pParlamento britannico metterà ai voti l’accordo sulla Brexit concordato con la Commissione. Qual è il suo giudizio sull’intesa raggiunta?

La Brexit è stato il più grande passo indietro dell’Unione Europea nell’ultimo decennio, un’amputazione politica. Abbiamo negoziato in buona fede con il governo britannico, è un accordo raggiunto faticosamente da entrambe le parti. Ora è il Regno Unito, non l’Ue, ad avere un problema.

Quale?

Hanno votato per uscire e pare che l’11 dicembre non abbiano una maggioranza per far passare l’accordo. Se non si troveranno i numeri navigheremo in acque pericolose, potrebbe succedere qualsiasi cosa. Credo poco allo scenario del “no-deal”, ritengo più probabile un secondo referendum o un ritorno al voto per le elezioni politiche. Al momento, per usare un’espressione british, c’è solo una cosa da fare: wait and see.

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