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La manovra guadagna punti. Anche per l’Upb

Una manovra “accettabile”, cioè uscita migliorata dal confronto serrato con l’Europa. Non era scontata la mezza apertura dell’Ufficio parlamentare di Bilancio sull’ex Finanziaria che la Camera si appresta ad approvare in terza e ultima lettura. Questo pomeriggio il presidente dell’Upb, Giuseppe Pisauro, è tornato a parlare di manovra e i suoi effetti, in un’audizione presso la commissione Bilancio.

I toni, rispetto a tre mesi fa, quando sulla manovra piombarano bocciature su bocciature, sono apparsi decisamente più speranzosi. Della serie, buchi neri ce ne sono, ma qualcosa è migliorato. Tanto per cominciare c’è un pizzico in più di realismo nella sostenibilità della manovra. “Le previsioni ufficiali di crescita sono sufficientemente plausibili, accettabili, anche se vanno segnalati notevoli rischi al ribasso”. Questi ultimi derivanti, ha spiegato Pisauro, soprattutto dalla “componente investimenti nella previsione: c’è divergenza sulla crescita reale, indicata dal governo nel 2019 per l’1%, a fronte dello 0,8% previsto dagli esperti parlamentari”.

Insomma, per una volta, dice in sostanza l’Ufficio parlamentare, il governo dice il vero sulla crescita. Se non altro la prima pietra è posata. Ma ora c’è da costruire tutta la cattedrale e non sarà semplice. Per esempio, dicono i tecnici del parlamento, questa non è una manovra espansiva, non più almeno. “Dopo il maxiemendamento al Senato la portata espansiva della manovra viene ridimensionata, con una riduzione degli investimenti rispetto al 2018”, Secondo l’Ufficio, le variazioni introdotte nell’iter parlamentare hanno determinato “un’inversione di segno nell’effetto netto complessivo sulla spesa per investimenti e contributi agli investimenti nel 2019: da un aumento di 1,4 miliardi inizialmente previsto si passa a una riduzione di circa un miliardo”.

Secondo l’Upb inoltre con le nuove modifiche la pressione fiscale salirà nel 2019 al 42,5% del Pil dal 42% del 2018. “Negli anni successivi, se non considerate le clausole che valgono un punto e due, un punto e 5 in più, si arriva al 42,8% nel 2020 e al 42,5% nel 2021, ma sono numeri che vanno un po’ verificati. Il messaggio sostanziale e che c’è leggero aumento che poi rimane stabile. Dal punto di vista politico sarà enorme, dal nostro è mezzo punto”, ha annotato l’Upb.

Il vero problema è però, ancora una volta, l’Iva. L’aumento dell’aliquota per il 2020 e il 2021 se le clausole di salvaguardia, previste nell’accordo con l’Europa, non verranno disinnescate. I tagli di spesa non basteranno, secondo i calcoli dell’Upb, a fermare la macchina. “La sostenibilità per le finanze pubbliche di un disavanzo dovuto alla mancata disattivazione delle clausole Iva è a rischio. Quasi 29 miliardi nel 2021, è difficile pensare che si possano compensare con un taglio alle spese”.

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