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Fincantieri-Stx, come reagire alle manovre franco-tedesche. Parla Raffaele Volpi

Le mire francesi e tedesche sui dossier industriali sono chiare. Per rispondervi, dobbiamo offrire alle migliori aziende dei settori ad alta tecnologia (a partire dall’aerospazio e difesa) un sistema istituzionale attento, coordinato e attivo 24 ore su 24. Parola del sottosegretario alla Difesa Raffaele Volpi, intervenuto sul nuovo capitolo della vicenda Fincantieri-Stx. Accogliendo le richieste di Parigi e Berlino, la Commissione europea ha difatti accettato la competenza come antitrust a valutare l’acquisizione da parte dell’azienda italiana dei Chantiers de l’Atlantique. Più che la mossa di Bruxelles, sorprende (ma forse non dovrebbe) il fatto che siano stati i francesi a presentare domanda, tra l’altro proprio nei giorni in cui il clima tra Parigi e Roma si è raffreddato, per lo più in vista di un nuovo accordo di collaborazione e integrazione che Emmanuel Macron si appresta a siglare con Angela Merkel. Il governo italiano, pur alle prese con le divergenze sul capitolo migratorio, si è presentato compatto, auspicando “che non ci siano ostacoli all’operazione” (parole del premier Giuseppe Conte), chiedendo “rispetto per le aziende italiane” (appello del ministro della Difesa Elisabetta Trenta) e auspicando “parità di regole e di condizioni di mercato” (richiesta del vice premier Matteo Salvini). Ora, tocca passare all’azione, mettendo in piedi un sistema istituzionale efficace e coordinato di supporto alle aziende nazionali. Formiche.net ha chiesto come farlo a Raffaele Volpi.

Da Parigi invitano a non interpretare la decisione di Bruxelles come una ritorsione politica. Eppure la richiesta alla Commissione è partita dalla Francia. Come leggere le mosse transalpine?

Siamo nel regno delle ipotesi, perché finora abbiamo sempre dato per certo che la Francia volesse difendere un’intesa che ha negoziato con grande determinazione, affinché non ledesse i suoi interessi nazionali. Può anche darsi che Parigi abbia cambiato idea. Ma francamente credo sia più plausibile che stia operando qui la necessità avvertita dall’antitrust nazionale francese di non farsi bloccare l’intesa a uno stadio successivo. Io non scarterei neppure la possibilità alternativa che Parigi stia reagendo a specifiche sollecitazioni tedesche.

Ci spieghi meglio.

La Germania non è dentro questo accordo, e una sua azienda può esserne danneggiata. La stampa sta dando grande evidenza ai nuovi accordi con i quali francesi e tedeschi si stanno coordinando ad ogni livello politico. Forse, i francesi stanno muovendosi in questo schema, per dimostrare che la solidarietà d’intenti con la Germania funziona.

L’indagine dell’Ue potrebbe incidere sul lato militare dell’accordo tra Italia e Francia (con Fincantieri e Naval Group). Dobbiamo fare attenzione al campo della Difesa vista la partita ormai iniziata per il nuovo Fondo dell’Ue per il settore (l’Edf)?

Che occorra fare attenzione, questo è certo. Il Fondo europeo per la Difesa che sta vedendo la luce privilegerà nelle scelte di finanziamento i grandi progetti che interessino almeno tre paesi. È il risultato di un negoziato nel quale il nostro Paese ha speso molte energie per evitare che il requisito per accedere alle provviste finanziarie fosse di soli due Stati. Abbiamo creato la finestra istituzionale. Chiaro che ora dobbiamo lavorar sodo per sfruttarla.

In tal senso, lei ha invitato il Paese a “fare sistema” per tutelare le aziende italiane. Quale è il primo passo? Cosa può fare la politica?

Il primo passo, indispensabile, è quello di creare strumenti istituzionali che consentano alle nostre imprese migliori, attive nei comparti ad alta intensità tecnologica, quali sono quelle che operano nel settore dell’aerospazio e delle produzioni per la Difesa, di contare sull’attivo sostegno dello Stato. Occorre uno strumento che, da un lato, aiuti le industrie nella fase di scouting delle opportunità e, dall’altro, le sostenga nella delicatissima fase di aggiudicazione delle commesse. Evidentemente fornendo un’assistenza H24 proiettata su tutti i giorni della settimana.

Pensa a qualcosa in particolare?

Potrebbe trattarsi di una Cabina di regìa partecipata da vari soggetti, pubblici e privati, con uno strumento operativo di staff funzionante senza soluzioni di continuità. Perché sul mondo non tramonta mai il sole.

L’impressione è che le industria francesi e tedesche possano contare su un appoggio più strutturato delle proprie istituzioni. È così? Manca qualcosa all’Italia da questo punto di vista?

Non è solo alla Francia, particolarmente ben attrezzata con la Direction General des Armements, che bisogna guardare, o alla Germania, che stavolta ha usato come una clava una legislazione antitrust che riteniamo ormai inadeguata alle sfide della globalizzazione. In Australia (nella maxi-gara per le fregate, per cui la proposta italiana era data per vincente, ndr) siamo stati battuti dagli inglesi, che hanno fatto valere anche le relazioni interne al sistema del Commonwealth. È chiaro che dobbiamo in qualche modo rincorrere e, una volta che siamo tutti d’accordo sul fatto che l’industria nazionale aerospaziale e dei materiali d’armamento sia un asset, muoverci di conseguenza.

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