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È stato Trump a chiedere a Cohen di mentire al Congresso sul Russiagate?

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Il presidente americano, Donald Trump, avrebbe ordinato al suo ex avvocato, amico, e fidato collaboratore, Michael Cohen, di mentire al Congresso. Lo rivelano a BuzzFeed due funzionari che partecipano a un’inchiesta che coinvolge Cohen e che s’è intrecciata col Russiagate: i due dicono che sono state raccolte prove che dimostrano che il presidente ordinò all’avvocato di raccontare il falso quando fu chiamato dai congressisti per testimoniare su alcuni rapporti di Trump con la Russia. Era settembre del 2017.

L’ambito di quell’audizione di Cohen erano le inchieste indipendenti che i legislatori stavano conducendo per proprio conto, lateralmente al Russiagate – l’indagine che il procuratore speciale Robert Mueller, sta portando avanti per conto del dipartimento di Giustizia sulle interferenze russe alle presidenziali del 2016 e su eventuali ostacoli alla giustizia messi dal presidente.

La questione è enorme, si tratterebbe dell’accusa più grossa ai danni di Trump, perché significherebbe che il presidente ha dato ordine al suo avvocato di mentire al Congresso per intralciare il corso di un’indagine sul suo conto (è tutto molto simile al presupposto che aprì l’impeachment contro Richard Nixon il 6 febbraio del 1974, dopo il Watergate, e che portò l’allora presidente alle dimissioni).

Il Prez avrebbe chiesto a Cohen di testimoniare il falso a proposito di alcuni suoi specifici rapporti con i russi: quelli che riguardano il progetto di un grattacielo lussuoso a Mosca. Cohen infatti era l’uomo incaricato da Trump di gestire lo sviluppo della Trump Tower che sarebbe dovuta nascere nella capitale russa. Un grande business per l’allora palazzinaro newyorkese. Si tratta di un progetto precedente alla candidatura, legato al lavoro precedente del tycoon, su cui comunque Trump ha sempre detto di non aver avuto ruoli diretti, e di aver abbandonato tutto prima di entrare in corsa per la presidenza.

Un filone del Russiagate si sta occupando da tempo della vicenda. Cohen, nell’agosto del 2017, presentò alla Commissione Intelligence del Senato una lettera-testimonianza di due pagine in cui spiegava che il progetto della Trump Tower a Mosca era business as usual e comunque era stato interrotto a gennaio del 2016, e che da quel momento nessuno della Trump Organization – l’azienda del presidente, ora gestita dai figli – era più entrato in contatto con gli uffici governativi russi. Cohen si dichiarò anche estraneo a qualsiasi tentativo di interferenza nelle presidenziali orchestrato dalla Russia.

A novembre dello scorso anno, l’avvocato si pentì, e – iniziando a collaborare con Mueller – ammise di aver mentito al Congresso (tra le altre cose aveva già ammesso anche di aver pagato coi soldi della campagna elettorale il silenzio di due donne che avevano avuto relazioni sessuali extraconiugali con Trump). Cohen disse che le trattative sull’investimento immobiliare moscovita dei Trump in realtà erano proseguite per altri mesi, fino a giugno 2016, e che l’allora candidato era stato tenuto costantemente aggiornato – e con lui i figli Donald Jr e Ivanka – dei colloqui in corso con la controparte russa.

C’erano quasi trecento milioni di dollari di utili, Trump spingeva il progetto, Cohen gli propose di parlarne con Vladimir Putin per sbloccare le cose a Mosca, l’allora candidato repubblicano accettò, ma alla fine non se ne fece niente. Poi, una volta diventato presidente, Trump chiese al suo amico di negare tutto.

Qui ruota lo scoop bombastico di BuzzFeed: secondo i due federali, Trump avrebbe chiesto esplicitamente a Cohen di mentire al Congresso (e su questo ci sarebbero documenti provanti) su come erano andate le cose con la Trump Tower Moscow per non aggravare la sua posizione sul Russiagate — a novembre Cohen disse di averlo fatto per questa esatta ragione. Mueller, a quanto pare, avrebbe capito la cosa – attraverso l’ampio set di documenti a disposizione, e tramite vari interrogatori – e a quel punto ne avrebbe chiesto conferma a Cohen. L’ex avvocato di Trump – con cui il presidente ha rotto tutti i rapporti, e contro cui non perde occasione di lanciare minacce, accuse, insulti (ora dice che sta mentendo per vedersi ridotta la pena) – alla fine avrebbe confermato tutto allo special counsel.

Che cosa succederà adesso? Poco nell’immediato, ma è complicato fare una previsione. Perché la faccenda è importante e delicata, soprattutto per il clima pesante a Capitol Hill, dove i democratici stanno facendo ostruzione a Trump sullo shutdown e iniziano a seminare il terreno per le prossime presidenziali (e i repubblicani iniziano a innervosirsi).

Per il 7 febbraio era già in programma una testimonianza di Cohen davanti al Congresso, durante la quale i legislatori americani avrebbero chiesto conto di come erano andate le cose quando aveva mentito all’audizione del 2017. Da qualche giorno circolano anche informazioni non definitive sul fatto che questa prossima audition possa essere a porte aperte (e dunque mandata in diretta televisiva da tutte le principali all news del paese, e quindi nel mondo).

Data l’eccezionale portata delle rivelazioni dell’articolo di BuzzFeed, è del tutto probabile che a questo punto l’obiettivo delle domande dei congressisti sarà cercare conferme sul se fosse stato proprio il presidente a chiedere/ordinare a Cohen di mentire nella sua testimonianza. Il fine dei senatori sarebbe verificare se c’è stato un tentativo di intralciare le indagini, e se Cohen dovesse confermare la storia a quel punto sarebbe un problema per Trump.

Di più: dal 3 gennaio la Camera è in mano ai democratici per effetto delle Midterms. I Dem hanno già manifestato la volontà di aprire varie inchieste (anche con la forma giuridica dei subpoenas) per approfondire la vicenda del Russiagate. Cohen potrebbe essere un ghiotto obiettivo di una di queste, e sfruttare la collaborazione con Mueller per ottenere nuove risposte e conferme.

 

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