Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Il colpo di “pattada” (al M5S) delle elezioni sarde

risiko, cina

Francesco Cossiga amava indulgere nei ricordi di gioventù, impregnati di quell’amore per la Sardegna che lo ha accompagnato tutta la vita. Tra i suoi riferimenti preferiti c’era la resolza (o pattada, in una delle sue versioni più note), tradizionale coltello sardo dall’efficacia micidiale e dalla versatilità non sempre pacifica: perfetta per tagliare il formaggio o scuoiare gli animali, ha molto spesso regolato con ferocia conti in sospeso tra gli umani, con esiti facili da prevedere.

Ebbene queste elezioni regionali in terra di Sardegna sembrano proprio una scena di quelle evocate dal Picconatore, con il M5S nelle parti della vittima naturalmente. Con un colpo secco e dall’effetto micidiale infatti ci ritroviamo in una situazione del tutto nuova, a nemmeno un anno dalle elezioni del marzo 2018. Abbiamo cioè di fronte tre fenomeni inediti e diversissimi tra loro, dagli effetti deflagranti e, per molti versi, contraddittori.

Punto primo: il bipolarismo (che sembrava defunto) torna in campo vivo e vegeto, con i due candidati classici (destra e sinistra) che raccolgono circa l’80 % dei voti, relegando in posizione marginale il terzo polo a cinque stelle. Anzi facendo anche di più: mostrando con i numeri che i voti al M5S aiutano sempre la vittoria del centro-destra, perché scompongono il fronte anti-Salvini.

Punto secondo: il centro-destra si conferma vincente (salvo sorprese, scriviamo a scrutinio in corso), con evidente ruolo di leadership per Matteo Salvini ma con un argomento “politico” in favore degli altri (Berlusconi e Meloni in testa), cioè di tutti quelli che chiedono a gran voce al leader della Lega di porre fine all’anomalia del governo giallo-verde.

Punto terzo: la sinistra c’è ed esce in modo dignitoso dal voto sardo, confermando però un percorso di “cambio d’abito” che prefigura la stagione di Zingaretti, con lo sguardo meno rivolto al centro (Pisapia candidato alle Europee è un segnale chiarissimo) ed il superamento della fase Renzi.

Il saldo di tutto ciò è un Parlamento ormai espressione di una ripartizione dei consensi assai poco attuale e un governo i cui equilibri interni sono del tutto saltati. Il premier Conte ha concesso ieri un’intervista un po’ malinconica al Corriere della Sera, segno che ha capito perfettamente “l’aria che tira”. I due capi politici della coalizione invece sono alle prese con due questioni di segno opposto ma di effetto convergente: Salvini deve gestire un consenso enorme che (probabilmente) lo induce a scelte drastiche, mentre Di Maio deve governare un crollo di voti che (altrettanto probabilmente) impone anche a lui una virata decisa secondo una nuova rotta.

Ora però, capiamoci bene. Un Parlamento ormai ampiamente superato nella sua composizione diventa immediatamente “conservatore”, perché nessuno vuole andare a casa prima del tempo. Quindi di qui in avanti fioriranno le più diverse iniziative per evitare la fine prematura della legislatura.

Gli eletti Pd sanno che le liste per nuove elezioni sarebbero assai diverse (Renzi ha fatto quelle del 2018). Lo stesso vale dentro Forza Italia e anche per il M5S: due soggetti politici che riporterebbero in Parlamento solo una quota dei presenti attualmente. Allora proviamo a fare un conto: su 630 deputati, oggi come oggi, almeno 200 non tornerebbero al loro posto. Eccoli gli strenui difensori della legislatura, costi quel che costi.

Mandare a casa il governo e la legislatura non sarà una passeggiata. C’è solo una persona che può farlo, ed è Matteo Salvini, mai come oggi dominus assoluto della scena politica.

×

Iscriviti alla newsletter