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Così Fico manda Conte in fuorigioco

L’unico che può consolarsi davvero è Matteo Renzi. Già perché nessuno come lui ha lamentato il “fuoco amico” contro il suo governo. Ma allora cosa dovrebbe dire il povero professor Conte, che proprio oggi riesce (dopo giornate per molti versi drammatiche) a prendere una semi-decisione su Tav (indicando con una lettera a Telt di rinviare i bandi, che è un modo per non dire di si, ma nemmeno per dire no, quindi per tenere in vita il progetto), che però viene subito bombardato senza pietà dal presidente della Camera Fico?

Ecco le parole della terza carica dello Stato : “”Il no alla Tav non è un atto ideologico, ma una battaglia identitaria del Movimento Cinque Stelle”. Insomma, dice Fico, il M5S “è” No TAV per costituzione, per ragion d’essere definitiva ed inalienabile. Per carità, è del tutto legittimo pensarla in quel modo. Ma ciò che conta oggi è ben altro, cioè il senso del governo, della sua maggioranza ed anche della legislatura.

Ora, si badi bene alla sequenza logica di questo sabato 9 marzo. Mentre il premier lotta con i minuti per trovare una soluzione (lunedì si riunisce il cda della società che gestisce gli appalti), ecco che il punto di riferimento dell’ala ortodossa del movimento lo batte sul tempo, aprendo la giornata con una presa di posizione che rende il (mezzo) passo avanti di Conte (e del governo) una sorta di fuga solitaria in fuori gioco, come quella di una punta lanciata verso la porta senza aver sentito l’arbitro fischiare.

Dura vita quella del primo ministro tecnico, si dirà. Ma i fatti di oggi sono una scomunica “preventiva”, un messaggio chiaro e forte che serve a rendere fragilissimo il pur millimetrico progresso del presidente del consiglio. E d’altronde sappiamo bene quante volte l’ostilità del Presidente della Camera verso il governo finisce per avere conseguenze politiche rilevanti.

Lo sa bene Silvio Berlusconi, che ha pagato con due crisi di governo le critiche di Casini (e Follini) nel 2005 e quelle di Fini tra il 2009 e il 2011, ma lo sa altrettanto bene anche Romano Prodi, verso il quale gli sferzanti giudizi di Fausto Bertinotti giocarono ruolo di prima grandezza nel 2007 (portando all’interruzione della legislatura). Insomma il monito di Fico rende oggi politicamente inutile il passo avanti (piccolo, anzi piccolissimo) di Conte verso una posizione Sì Tav e rende anche poco credibile l’ottimismo tanto di Davide Casaleggio quanto di Matteo Salvini.

Non è proprio vero che i problemi sono superati, non è vero che la strada è stretta ma percorribile, non è vero che si può trovare una sintesi tra le varie posizioni. Il governo si affaccia all’avvio della campagna elettorale per le europee (con annessa tornata amministrativa tutt’altro che di poco conto, a cominciare dal voto per la Basilicata e quello per il Piemonte) nel pieno di una sostanziale crisi di nervi.

Da Giorgetti a Buffagni, da Zaia a Toninelli: tutti parlano guardando a casa propria, ai consensi del proprio movimento. Così, giorno dopo giorno, la coesione di maggioranza si logora senza speranza. Ci vorrebbe un Conte-bis, per salvare il governo: lo diciamo da giorni. Anche perché consentirebbe di mettere mano al “contratto”.

Si tenga allora ben a mente questo punto: chi tifa per la durata di questa legislatura non può che volerlo (il Conte bis). Chi vi si oppone ha altro in testa.

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