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Macron e il rilancio dell’integrazione europea

È senza dubbio una iniziativa positiva e senza precedenti, la lettera aperta che il Presidente francese Emmanuel Macron ha rivolto a tutti i cittadini dell’Unione Europea, denominata Manifesto per un Rinascimento Europeo. Senza precedenti, ma non isolata, visto il discorso che aveva tenuto alla Sorbona nel settembre 2017. Al di là delle facili accuse di opportunismo politico, visto l’avvicinarsi delle elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo, Macron è seriamente convinto dell’urgenza di riprendere il percorso di creazione di una sovranità condivisa a livello europeo, da affiancare a quelle nazionali. Un obiettivo a lungo dimenticato, che considera strategico per rispondere efficacemente alle sfide con gli altri giganti politici, economici e militari che oggi competono nel mondo.

Con un sano bagno di realismo, di cui si sentiva la mancanza, Macron ha ricordato i successi dell’integrazione europea (dal mercato unico all’euro, dai fondi strutturali al mantenimento della pace); ma ne ha anche ammesso i fallimenti, di fronte alle pressanti richieste dei cittadini europei di ricevere risposte concrete alle loro esigenze condivise: crescita, occupazione, difesa, sicurezza, protezione dello stato sociale, transizione ecologica. Esigenze alle quali i farraginosi meccanismi decisionali europei, bloccati dal voto all’unanimità, non hanno saputo rispondere; e che hanno alimentato i risentimenti anti-europei e le rivendicazioni per il ritorno ad una (anacronistica) sovranità nazionale. Da qui l’urgenza di un Rinascimento europeo.

Se l’analisi e gli obiettivi di fondo indicati da Macron sono pienamente condivisibili, non poche perplessità sorgono sugli strumenti proposti.

Cruciale, ad esempio, superare l’austerità e puntare sul finanziamento della transizione ecologica e dell’innovazione: fattori chiave per la competitività e la sostenibilità del modello di sviluppo europeo nel mondo. Ma perché affidarsi a due nuove agenzie ad-hoc, come una “Banca europea per il clima” ed un “Consiglio europeo dell’innovazione”; e chi dovrebbe finanziarle? Splendida l’idea di assicurare il rispetto delle regole democratiche e di una corretta informazione pubblica, ma perché lasciarle nelle mani di una “Agenzia europea di protezione delle democrazie”? Così come sensato appare rivedere Shengen nell’ottica “della responsabilità e della solidarietà” ed accrescere la cooperazione in materia di difesa; ma perché farlo “sotto l’autorità di un Consiglio europeo di sicurezza interna” e di un “Consiglio di sicurezza europeo”?

Bene anche lanciare un piano per l’Africa, vista la rilevanza strategica che ha per noi europei lo sviluppo di quel continente; ma con quali fondi? O la promozione di una politica industriale europea con lo slogan di “Europe first”, da affiancare alla competenza esclusiva della Commissione a tutela della concorrenza; ma gestita da chi? E lo “scudo sociale e salario minimo europeo” da chi dovrebbero essere discussi ed imposti?

Insomma, quando Macron suggerisce che con questo Rinascimento “i popoli avranno veramente ripreso il controllo del loro destino” la credibilità dell’intera costruzione si incrina pericolosamente. È vero che Macron indica la necessità di convocare una (non meglio precisata) Conferenza per l’Europa che raccolga i desiderata di cittadini, istituzioni e società civile. Ma è chiaro che questi desiderata si verrebbero a scontrare, se anche emergesse un’agenda precisa per raccoglierli, con i paletti già fissati da Macron stesso nel documento: l’insidia nascosta nel documento è infatti il metodo, intergovernativo e delegato a nuove agenzie ad-hoc, con cui promuovere quegli obiettivi.

Se da un lato ciò può consentire di superare le lentezze del metodo comunitario (che tuttavia ha raggiunto alcuni successi in tutti questi ambiti e che non ha molto senso ignorare), dall’altro rischia di aumentare proprio la distanza fra i cittadini e le procedure decisionali dell’UE che in linea di principio Macron dice di voler ridurre. Finendo così per acuire quella crisi di fiducia che interessa l’intero processo d’integrazione europea; e che favorisce i rigurgiti nazionalisti e antieuropei cui abbiamo assistito negli ultimi anni.

In sintesi, Macron auspica una maggiore integrazione economica, sociale e politica europea. Ma essa, per essere sostenta da un ampio consenso, richiede un rafforzamento delle istituzioni sovranazionali, che ad oggi sono le uniche a difendere l’interesse generale europeo. Il metodo intergovernativo lascia, di fatto, fuori i cittadini dal processo decisionale, non riconoscendo per esempio il ruolo del Parlamento Europeo, che dovrebbe essere il primo e più importante attore di un percorso costituente con l’obiettivo di scrivere un nuovo patto costituzionale per la creazione di una genuina democrazia sovranazionale. Insomma, il documento di Macron rischia di essere una mossa che, proprio in vista delle elezioni europee, potrebbe finire per trasformarsi in un boomerang.

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