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Zingaretti deve recuperare gli elettori che erano fuggiti verso il M5S

Nuovo terremoto elettorale, nuove frane con cui fare i conti. Queste elezioni europee sanciscono sì il crollo del Movimento Cinque Stelle, ma soprattutto riducono in frantumi tanti dei pilastri su cui si è costruito il dibattito pubblico italiano negli ultimi mesi. La strategia “vincente” della virata a sinistra targata M5S. Quella perdente della Lega come grande destra nazionale. L’inevitabile matrimonio fra dem e pentastellati in salsa anti-sovranista. “La vedo difficile” chiosa lapidario ai microfoni di Formiche.net Lorenzo De Sio, coordinatore del Cise (Centro italiano di studi elettorali) e professore di Opinione pubblica e comportamento politico alla Luiss. Nicola Zingaretti ora ha una sola via d’uscita: “Recuperare gli elettori di sinistra che erano fuggiti verso i Cinque Stelle”.

Professore davvero il Pd ha da festeggiare?

Il Pd ha dimostrato di possedere un certificato di esistenza, è riuscito a risalire rispetto alla sconfitta dell’anno scorso. Resta una gara in salita. Zingaretti vuole consolidarsi come punto di aggregazione della sinistra, iniziando da Più Europa e i Verdi, più difficile che trovi una sponda nella sinistra radicale.

Può funzionare?

Questa strategia potrebbe renderlo più competitivo contro uno schieramento di centrodestra composto da Lega e Fratelli d’Italia. Zingaretti però deve avere un piano d’azione più chiaro. Fino ad oggi ha giocato in difesa e la prudenza gli ha permesso di conservare il suo bagaglio di voti. Per andare oltre serve un cambio di passo.

Il Movimento di Luigi Di Maio ha pagato la virata a sinistra?

Più che la svolta a sinistra è stato il pressappochismo a pesare sulle urne, marce avanti e retrofront hanno confuso gli elettori. Il M5S era un partito di opposizione e di protesta. Ora i pentastellati devono decidere cosa vogliono fare “da grandi”, è il momento delle scelte. Quelle fatte finora non hanno funzionato perché sono costate una grossa fetta di elettorato. Un calo così non è fisiologico.

Ecco uno scenario. I Cinque Stelle rompono con Salvini, si uniscono al Pd non renziano e chiedono l’incarico a Mattarella. Fantascienza?

Adesso è tardi. Se ci troviamo in questa situazione è perché la possibilità di una convergenza fra Pd e M5S proposta all’indomani delle elezioni politiche del 2018 non è stata colta. Con un Movimento così in difficoltà il Pd faticherebbe a costruire un’interlocuzione, credo sia più facile cercare di recuperare gli elettori di sinistra che erano fuggiti verso i Cinque Stelle, ma ci vorrà tempo.

Lei ci crede a questa storia di un nuovo bipolarismo destra-sinistra?

Siamo ancora molto lontani da un’aggregazione bipolare. A mio parere si sono creati tre poli e mezzo. Un centrodestra, un centrosinistra, un M5S al 17% e Forza Italia che vacilla ma resiste. L’unico alleato in grado di dare a Salvini una maggioranza ideologicamente compatta è Fratelli d’Italia. I numeri ci dicono che insieme potrebbero avere la metà più uno dei seggi in Parlamento. Salvo cambi repentini Salvini non ha dunque più alcun interesse a mantenere l’alleanza con Forza Italia.

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