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Cina e Russia nel mirino dei senatori americani. Ecco la nuova legge per la Difesa

Il Senato degli Stati Uniti ha passato il National Defense Authorization Act (Ndaa 2020), bozza di una delle leggi più importanti approvate ogni anno (per il successivo) da Washington, che segna l’indirizzo che l’amministrazione e il Congresso americano intendono dare su un’ampia gamma di misure politiche, anche di carattere internazionale.

LA CINA COME TARGET

Per esempio, la Cina. Le 973 pagine di legge votate con una maggioranza larghissima (86 favorevoli contro 8) stanziano 750 miliardi di dollari per le spese della Difesa, nelle quali però rientrano anche misure relative al controllo sui trasferimenti di tecnologia da e per il mercato cinese, o altre per procedere a screening più accurati sull’ingresso negli Stati Uniti di studiosi o ricercatori cinesi – tutto con i fondi collegati. Iniziative dirette a contenere la crescente influenza cinese nel mondo. Si tratta di una delle dimostrazioni chiare di come l’impegno statunitense a fermare la Cina sia una necessità strategica sentita da tutti gli apparati statali, dai legislatori al Pentagono, come l’amministrazione e la Casa Bianca, nonché il mondo delle realtà industriali (comprese, in testa, quelle connesse al settore difesa).

La legge, continuando con gli esempi, include anche misure per impedire di far slittare fondi federali verso aziende come la CRRC, il più grande produttore mondiale di treni passeggeri. CRRC ha già dichiarato in una dichiarazione che i legislatori statunitensi dovrebbero “sospendere e riesaminare i fatti relativi alla sicurezza informatica e ai prezzi competitivi nel mercato dei vagoni passeggeri prima di prendere qualsiasi decisione che invariabilmente e significativamente avrà impatto sulla capacità delle agenzie di transito degli Stati Uniti di modernizzare le proprie flotte”, ma la Ndaa considera quelle carrozze cinesi questione di sicurezza nazionale.

Interessante che questi input senatoriali nella Ndaa – attesi, previsti, noti – diventino ufficiali e pubblici il giorno prima di quando Donald Trump incontrerà Xi Jinping al G20 di Osaka, in uno dei più attesti vertici a latere del meeting, dove potrebbero gettarsi nuove basi per nuovi dialoghi tra le due potenze (come già successe lo scorso anno a Buenos Aires). Pechino s’è detta pronta a trattare, ma chiede già che in cambio siano allentate se non eliminate alcune misure progettate dagli americani, come l’isolamento commerciale in cui è stata posta la Huawei (che per restare in tema difesa e sicurezza è stata proibita a tutto il personale del Pentagono e dell’intelligence).

IRAN, COREA E RUSSIA

Un trattamento simile a quello cinese, è riservato alla Russia, considerata dalla più recente dottrina strategica statunitense l’altra potenza rivale. Niente tecnologia sensibile a Mosca chiedono i senatori, che ingaggiano con i russi un confronto più profondo di quanto non faccia il presidente Trump. Interessante anche qui la tempistica: ieri, nel primo dei suoi incontri con gli altri leader stranieri, il presidente americano ha visto l’omologo russo Vladimir Putin, tra sorrisi, battute e un’atmosfera accomodante. E sul fronte Russia rientra anche l’approvazione di un pacchetto di assistenza all’Ucraina: 300 milioni di dollari di armamenti, di cui 100 letali, che gli Usa forniranno all’esercito di Kiev per fronteggiare i separatisti filorussi nel Donbass.

Oggi il Senato voterà anche un emendamento alla legge passati ieri con il quale richiede di far passare per il Congresso l’approvazione di qualsiasi iniziativa militare intrapresa contro l’Iran. Era già una volontà espressa più o meno chiaramente nei giorni scorsi dai leader Democratici, e da qualche repubblicano, che avevano partecipato alla riunione nella Situation Room con cui era stata gestita la risposta all’abbattimento di un velivolo senza pilota americano sopra allo Stretto di Hormuz. Trump ordinò un attacco, e per quanto noto poi cancellò la decisione e fece rientrare gli aerei. I crongressisti democratici chiedono adesso di aver voce in certe decisioni – anche se la costituzione conferisce al Commander in Chief pieni poteri – ma l’emendamento non dovrebbe ottenere i 60 voti necessari per passare il controllo repubblicano della camera alta.

La bozza di Ndaa del Senato contiene anche un emendamento per rafforzare le sanzioni contro la Corea del Nord, imponendo misure secondarie sulle istituzioni finanziarie che permettono rapporti commerciali con Pyongyang. Scelta annunciata nei giorni scorsi, contro cui si è già scagliato il regime nordcoreano definendola un intralcio al percorso negoziale avviato dal presidente Trump nei contatti con Kim Jong-un col primo faccia a faccia dello scorso anno a Singapore.

La NDAA ha ancora a diversi step prima di diventare legge. La versione del Senato deve essere riconciliata con quella che dovrebbe essere votata il mese prossimo nella Camera, controllata dai Democratici (sebbene su questioni come la Cina o la Russia, o ancora la Corea del Nord ci sia una netta concordanza). Quella versione di compromesso, prevista entro la fine dell’anno, deve passare sia al Senato che alla Camera, ed essere firmata dalla Trump.

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