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Hong Kong blocca l’estradizione. La Cina incassa una temporanea sconfitta

La Chief Executive di Hong Kong, Carrie Lam, ha convocato una conferenza stampa per annunciare alla nazione, e al mondo che osservava le dinamiche interne alla terza più importante piazza finanziaria globale, che sospenderà il percorso parlamentare della legge sull’estradizione.

LE PAROLE DI LAM

“L’emendamento ha causato molte divisioni nella società, dubbi e fraintendimenti” e per questo il governo locale “prenderà una pausa per riflettere”. “Dobbiamo tenere a mente gli interessi più grandi di Hong Kong, come riportare la pace e l’ordine”, ha detto Lam dopo che il provvedimento aveva portato in piazza migliaia di persone — che in alcuni casi si sono scontrate con la polizia — preoccupate perché una legge sull’estradizione per determinati reati avrebbe rischiato di essere una breccia nel sistema democratico del paese, esponendo situazioni delicate (per esempio i rifugiati da Pechino) a richieste esterne (per esempio da Pechino).

LE POSSIBILI CONSEGUENZE

Annuendo alle richieste da Pechino, con la nuova legge gli accusati rischiavano di finire a giudizio sotto il sistema legislativo cinese, considerato non rispettoso dei diritti civili: momentaneamente si parlava solo di reati come omicidio e stupro, ma il rischio era creare un precedente. Il governo cinese aveva sponsorizzato la legge, e gli hongkonghesi avevano iniziato a sospettare che ci fosse un piano dietro. Pechino voleva interferire nel sistema interno alla provincia autonoma che si basa, fin dal passaggio dagli inglesi, sul principio “un paese, due sistemi”?

LE PROTESTE

La questione è stata molto sentita a Hong Kong, dove l’indipendenza dalla Cina è l’argomento di intensa divisione. Al contrario di moti di protesta negli anni scorsi, in questo caso l’ombra del Dragone dietro al provvedimento sull’estradizione era ingombrante. Si temeva che la nuova legge potesse creare debolezze, per questo i cittadini hanno reagito, portandosi dietro una eco globale che ha mosso le attenzioni di diverse cancellerie. A cominciare da Londra e Washington, con i secondi che hanno minacciato la sospensione del sistema speciale per gli interscambi economici-finanziari-commerciali se Hong Kong fosse scivolata verso Pechino. Qualcosa che la città-stato non può permettersi. Anche per questo, anticipando una nuova manifestazione di protesta programmata per domani, Lam avrebbe annunciato la decisione di rimandare l’iter parlamentare della legge.

IL PASSO INDIETRO

Secondo i media locali, la leader avrebbe preso parte a una riunione riservata appena oltre il confine, in Cina, con alti funzionari inviati da Pechino. Da lì il passo indietro (concordato?). È possibile che la strategia decisa da Lam in coordinamento col governo centrale sia quella di prendere tempo, sia per annacquare la forza delle proteste, sia per far passare al presidente Xi Jinping la fase di preparazione per i festeggiamenti del Settantesimo cinese senza tumulti e segni di criticità interna da esporre all’esterno. L’estradizione potrebbe tornare in discussione ad autunno.

 

 

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