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La clava della giustizia nelle mani tremolanti (per la lira turca) di Erdogan

Diciassette militari su ventisette, imputati per il golpe farlocco del 2016 e condannati all’ergastolo, hanno ricevuto 141 condanne di carcere a vita. In Turchia la clava della giustizia di Recep Erdogan è stata scagliata dal governo contro chi avrebbe tentato di organizzare il colpo di Stato. Alla sbarra nell’aula bunker erano in 224, tra cui 26 ex generali nelle stesse ore in cui l’economia del Paese preoccupa ancora gli investitori internazionali e la nave Yavuz si dirige nel Mediterraneo orientale per perforazioni illegali.

CARCERE

Tra i condannati spicca l’ex comandante dell’aviazione, il generale Akin Ozturk, considerato il capo dei golpisti nelle forze armate. Una mossa quella della giustizia turca che ha una doppia finalità, considerate le entità delle pene: da un lato chiudere con la presenza sul territorio di quei soggetti non graditi al regime e dall’altro silenziare i nodi finanziari che si stringono al pettine distraendo così l’opinione pubblica, mentre prosegue la strategia scomposta per il gas a Cipro.

Trenta giorni fa il pubblico ministero aveva chiesto condanne all’ergastolo contro 40 sospetti per un totale di 5580 anni di carcere. Il processo si è svolto nella più grande aula del Paese all’interno del complesso carcerario di Sincan, Ankara, in un’aula costruita appositamente per i processi legati al colpo di stato. Dei sospettati, 176 sono già in carcere, 35 sono stati liberati in attesa di giudizio, e 13, tra cui il predicatore statunitense Fethullah Gulen, sono stati dichiarati latitanti.

FMI

Ma nelle stesse ore in cui i giudici sentenziavano sui presunti registi del golpe, ecco un’altra pietra scagliata da Erdogan contro i soggetti internazionali. Ha denunciato alcuni tentativi di costringere la Turchia a un nuovo programma di prestito da parte del Fondo monetario internazionale “per rendere il paese sottomesso”. In occasione di un discorso a Istanbul ha precisato che la Turchia ha rifinanziato per 23,5 miliardi di dollari il suo debito verso il Fondo monetario internazionale nel 2013 e ora la banca centrale ha aumentato le sue riserve di valuta estera a circa 90 miliardi dai precedenti 27,5 miliardi. “Vogliono vedere una Turchia dinanzi al Fondo monetario internazionale col cappello in mano”, ha detto, aggiungendo che le richieste di un programma del Fmi sono motivate dal disagio per i successi economici e politici della Turchia. Per cui, è la sua tesi, ci sarebbe stata una campagna ad hoc per screditare il nome della Turchia e colpirlo finanziariamente. Non una parola sul fatto che la lira è precipitata al suo minimo storico lo scorso agosto, mentre il governo dava la colpa a Bloomberg.

GAS

E’sempre il gas al centro del contendere politico. Mentre l’Ue discute sulle sanzioni da applicare ad Ankara, il governo invia la seconda nave da perforazione che effettuerà operazioni al largo della costa nord-orientale di Cipro per tre mesi. Una mossa che rischia di aggravare il conflitto con Cipro sui diritti di giurisdizione visto che la Yavuz opererebbe in un pozzo trivellato vicino alla penisola cipriota di Karpas, raggiungendo una profondità di 3.300 metri. Secondo il ministro dell’Energia Fatih Donmez la Turchia continuerà le sue operazioni nella sua piattaforma continentale e nelle aree in cui la Repubblica turca di Cipro del Nord ha concesso la licenza alla Turkiye Petrolleri: “Stiamo avvertendo gli attori esterni alla regione che stanno collaborando con Cipro di non inseguire illusioni che non daranno risultati”.

La cerimonia di partenza della Yavuz, che si è svolta al porto Dilovasi alla presenza del Ministro dell’Energia Fatih Ntonmez e del direttore generale della Turkiye Petrolleri (Tpao), Melich Han Bilgin, è stata salutata dal presidente Recep Erdogan come “l’espressione più chiara della determinazione della Turchia”, aggiungendo che “Allah pensa innanzitutto che riceveremo buone notizie il prima possibile dall’area in cui si trova ora il nostro Conquistatore e dalla nostra perforatrice, Yavuz. Con questi pensieri, auguro alla nave di avere successo”. Il gas dunque, dopo le crociate contro omosessuali, sportivi, ed ebrei.

La replica di Atene è nelle parole del ministro degli esteri George Katrougalos, secondo cui anche la Grecia ha una marina che ha inviato i giusti segnali all’esterno: “Posso assicurare che questi messaggi sono stati ricevuti perché nessuno è così pazzo da voler creare un episodio caldo nell’Egeo”.

 

SCENARI

La disputa sul gas che si è intensificata nel mese scorso, provocando la dura reazione di Nicosia e Bruxelles, rischia anche di mettere a dura prova le relazioni di Ankara (membro Nato) con i suoi alleati occidentali dopo che gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno espresso preoccupazione. Si attende in queste ore il responso da parte del vertice Ue di oggi sul tipo di sanzioni che possono essere imposte ad Ankara. Da parte sua Nicosia da due giorni è in diretto contatto con il Presidente del Consiglio Donald Tusk, al fine di ottenere il massimo supporto.

twitter@FDepalo

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