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Taglio dei tassi e nuovo Qe. Draghi passa il testimone a Lagarde

Il testamento politico c’è, ben nascosto dietro il linguaggio istituzionale che a certi livelli è richiesto ma non per questo impercepibile. Mario Draghi si prepara a passare il testimone a Christine Lagarde, che dal prossimo 12 settembre non sarà più il direttore del Fondo monetario internazionale. E forse è giunto il tempo di indicare la strada maestra che il nuovo presidente della Bce dovrà seguire, una volta che Draghi avrà preparato gli scatoloni e traslocato. La Banca centrale europea, la seconda istituzione finanziaria del globo, dovrà continuare ad essere parte attiva nella ripresa del Vecchio Continente, mantenendo il motore e i fari ben accesi. Una filosofia che ha accompagnato l’intero mandato di Draghi, che ancora oggi si è detto pronto a riaprire la cassetta degli attrezzi per estrarre i vecchi ma sempre validi ferri del mestiere: il taglio dei tassi e il Quantitative easing. Quel whatever it takes che è il marchio di fabbrica.

PRONTI A UN TAGLIO DEI TASSI

Il governatore che Donald Trump lo vorrebbe a capo della Fed, al posto di quel Jerome Powell che proprio in questi giorni sembra voler accettare l’idea di tagliare i tassi negli States, al termine del board odierno ha comunicato di voler mantenere a zero il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali, allo 0,25% quello sulle operazioni di rifinanziamento marginale e a -0,40% quello sui depositi presso la Bce stessa. Tuttavia ha reinserito il termine “o più bassi” nella frase sul futuro dei tassi. Dunque, pronti a tutto. “Ci attendiamo ora che restino su livelli pari o più bassi rispetto a quelli attuali” almeno fino alla prima metà del 2020 e in ogni caso finché sarà necessario per assicurare che l’inflazione continui stabilmente a convergere su livelli inferiori ma prossimi al 2% nel medio termine.

Proprio quello che si aspettavano gli investitori, ovvero un’apertura sul fatto che i tassi sui depositi e dunque sul costo del denaro detenuto in banca verranno ancora abbassati nel prossimo futuro. Così come molto apprezzato dagli investitori è risultato il riferimento alla possibilità di riprendere il filo degli acquisti di titoli di Stato e non, se fosse necessario, attraverso il programma del Qe.

RITORNA IL QE?

Oltre a paventare un taglio del costo del denaro, l’altra arma pronta a uscire dalla fondina è il Qe. Un programma di acquisti di titoli di Stato sul larga scala che proprio Draghi ha contribuito a rendere celebre. L’Eurotower ha infatti poi confermato il programma di reinvestimento a scadenza dei titoli rilevati con il Quantitative easing. In pratica, la Bce con i soldi frutto della monetizzazione dei titoli acquistati, ne acquisterà di altri, per sostenere i debiti sovrani. Questo significa che la politica monetaria continuerà ad essere molto accomodante a lungo, mantenendo invariato lo stock dei titoli nel portafoglio delle banche centrali nazionali e continuando con un approccio di neutralità nei confronti del mercato. Tutto questo, è la motivazione di Draghi, per una ragione molto semplice. L’economia europea può ancora peggiorare, correndo seri rischi di ribasso del Pil.

DRAGHI BENEDICE LAGARDE E DICE NO AL FMI

Che quella odierna sia stata una delle ultime riunioni del board Bce targato Draghi, è fuori di dubbio. Ora toccherà a Lagarde prendere in mano il testimone, un testimone di quelli pesanti. L’ex allievo del Massimo, compagno di classe di Luca di Montezemolo, non ha dubbi: “Lagarde sarà un presidente eccezionale, lo dico con la conoscenza reciproca che viene dal conoscerci da molto più a lungo di quando sia lei che io vorremmo ricordare”. E chi immaginava una staffetta Draghi-Lagarde al Fmi, rimarrà deluso. “Non credo proprio, non sono disponibile. Mi fa piacere ma il problema non si pone”.

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