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Lega e M5S pensino al futuro di Genova. E dopo il Ponte, la Gronda

Attimi che hanno cambiato per sempre un orizzonte. Quello di Genova, del suo futuro e di tutti noi. Il 14 agosto 2018 si è consumata in pochi secondi una tragedia che rimarrà scolpita indelebile nella memoria e nell’animo di ogni genovese. Il crollo del Ponte Morandi ha portato via con sé 43 vite innocenti: una cicatrice impossibile da cancellare, non solo per le famiglie e gli amici delle vittime. Perché alle 11.36 di quella mattina su quel ponte, in quel punto preciso, ci poteva essere ognuno di noi, che lo abbiamo percorso centinaia, migliaia di volte. I genovesi hanno da subito dimostrato di averlo compreso. La città si è stretta attorno al proprio dolore e dal primo momento si è rimboccata le maniche per reagire, sempre con un’enorme dignità. Chiedendo rispetto e giustizia.

Da allora, in questi dieci mesi abbiamo tutti imparato a convivere con quello scheletro monco che ci ricordava ogni giorno la tragedia. E la fatica di rialzarsi. Per gli abitanti e gli operatori economici delle zone sottostanti e limitrofe al viadotto, per il tessuto produttivo e commerciale della città, per il porto, i traffici e i trasporti di Genova.
Poi è arrivato venerdì 28 giugno 2019: in sei secondi alle 9:37 l’esplosivo ha demolito quel che rimaneva del Morandi. Un momento a cui tutti noi abbiamo assistito in diretta, presi da sentimenti contrastanti tra emozione, rimpianto, paura e speranza.

Una nota decisamente stonata, in questa giornata, è stato il patetico bisticcio tra i gialloverdi sulle rispettive inquadrature televisive di Di Maio e Salvini nel momento dell’implosione. Pensavamo un governo accorso perché preoccupato, come noi, per il destino di Genova e invece abbiamo capito dalle loro parole e da un ennesimo litigio, che tanta cerimonia in pompa magna era fatta per conquistare inquadrature tv e non per rispetto delle vittime e di una città intera che da quasi un anno sta facendo i conti con questa tragedia.

Già dall’indomani del 14 agosto, le forze di governo hanno dimostrato di voler strumentalizzare il Ponte Morandi, con i continui balletti sulle date, sul nome del Commissario, su un Decreto che ha tardato ad arrivare. E quando è arrivato si è rivelato del tutto insufficiente, ad esempio per il porto e per chi vive e lavora nella zona ai confini della zona rossa. Lega e M5S, invece che continuare nello show e nei ricatti reciproci, pensino piuttosto alle decisioni concrete per il domani della città e del Paese: una per tutte, la questione Gronda che è al momento bloccata, nonostante i cantieri per l’opera siano pronti a partire.

Perché oggi dobbiamo pensare al futuro. A cominciare dalla costruzione del nuovo ponte, che deve procedere presto e bene. Senza tralasciare aspetti importanti, come l’attenzione alla vivibilità delle aree attorno al viadotto e la salute dei cittadini di quei quartieri. Ci sono interrogativi ancora aperti, primo fra tutti quello riguardante lo smaltimento delle tonnellate di detriti: dove, come, quando si procederà? Con quali garanzie per la popolazione? Per andare avanti nel migliore dei modi crediamo sia indispensabile coinvolgere maggiormente i cittadini nei percorsi decisionali, perché la mancanza di risposte può solo provocare la crescita delle paure. Lo abbiamo già sperimentato in questi mesi.

Proprio in questo senso il Partito democratico, come ha dimostrato di voler fare e fatto da quel tragico 14 agosto, continuerà a lavorare a fianco degli abitanti e degli operatori, accogliendo e ascoltando le loro istanze, mettendo sempre al primo posto l’interesse di Genova e dei genovesi. Perché soltanto insieme possiamo ricostruire il nostro orizzonte.

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