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Hong Kong. Basterà dichiarare “morta” la legge sull’estradizione?

Ce l’hanno fatta, almeno per ora, i manifestanti che protestano contro la legge di estradizione a Hong Kong. La governatrice della città-Stato sotto il controllo di Pechino, Carrie Lam, ha annunciato la “morte” della polemica proposta che prevedeva il trasferimento degli indagati in Cina. Da settimane, le proteste contro la normativa erano aumentate, degenerando anche in scontri con la polizia.

IL DISCORSO DI LAM

In un discorso conciliante, Lam ha riconosciuto che i tentativi del governo per approvare la legge sono stati un “fallimento totale”. In una conferenza stampa, prima di incontrare i suoi consiglierei, la governatrice ha detto: “Continuano ad esserci dubbi sulla sincerità del governo o preoccupazioni su un possibile reinizio del processo a livello legislativo. […] Insisto, non c’è un piano, il progetto di legge è morto”.

La governatrice aveva sospeso i lavori per l’approvazione del progetto di legge lo scorso 15 giugno, tre giorno dopo un tentativo di incursione in Parlamento. Allora Lam disse che la misura di sospensione equivaleva alla fine del progetto di legge perché non ci sarebbe stato il tempo materiale per riprenderlo durante l’attuale legislatura, che finisce nel 2020.

Lam ha confermato che sarà aperta un’indagine sul comportamento degli agenti della polizia, ma solo a livello interno: “Farò pubblico il risultato di quest’indagine, perché tutti devono sapere cosa è successo l’ultimo mese. Chi ha partecipato alle proteste, manifestante o polizia, può presentare prove”. Non così per i manifestanti arrestati, la cui sorte dipenderà dai tribunali. Alcune Ong chiedono che le proteste non siano qualificate come “rivolte”, perché questo può provocare condanne fino a 10 anni di carcere.

PERCHÉ NON BASTA

Nonostante il gesto di distensione del governo di Hong Kong, molti restano critici perché la governatrice non ha detto esplicitamente che sarà ritirata la proposta di legge. E la parola “morte” non ha alcun significato dal punto di vista legale. La possibilità che torni sul tavolo resta aperta, come ha sottolineato il portavoce dell’organizzazione Fronte Bonnie Leung.

Anche il giovane Joshua Wong, esponente del movimento pro democrazia e leader della Rivoluzione degli Ombrelli del 2016, ha scritto su Twitter che le dichiarazioni di Lam sono semplicemente “una nuova bugia ridicola destinata al popolo di Hong Kong”. Il suo partito, Demosisto, ha chiesto con un comunicato che si dichiari il ritiro del progetto di legge e si prometta che il processo legislativo non si riprenda in futuro.

Il neo partito sottolinea che il governo di Hong Kong è contro i leader dei giovani dell’opposizione, “ha eliminato i loro diritti umani basici e le loro libertà politiche, arrestandoli e squalificandoli come candidati elettorali. Se il governo vuole risolvere questo rapporto, il segretario per la Giustizia deve impegnarsi a non accusare i giovani manifestanti e non arrestare i suoi candidati impedendo la partecipazione ai processi elettorali”.

Tuttavia, le richieste dei manifestanti non si fermano. Sospesa la legge di estradizione, ora molti cittadini chiedono le dimissioni di Lam e la riforma del sistema di elezione del capo del governo di Hong Kong.

Lam però non ha fatto alcuna menzione a possibili dimissioni e ha chiesto “un’opportunità, tempo e spazio”, per fare tornare la normalità. “Dobbiamo ascoltare la generazione dei più giovani e diversi settori per capire cosa pensano – ha aggiunto nella conferenza stampa -. Quanto accaduto riflette che ci sono problemi più profondi e dobbiamo lavorare per risolverli”.

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