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State lontani da Taiwan. La Cina a muso duro contro gli Usa

Il governo cinese ribadisce la linea dura su Taiwan, e dopo aver inizialmente affrontato la questione della nuova fornitura di armi approvata dagli americani — per “assistere sulla sicurezza” di Taipei — con un apparente distacco, ha preso a martellare Washington con dichiarazioni severe. “Non scherzare col fuoco”, è la minaccia che il ministro degli Esteri, Wang Yi, diffonde a margine di un incontro con l’omologo ungherese.

La dichiarazione non arriva in un contesto casuale, vale la pena una digressione. Il faccia a faccia a Budapest tra il capo della diplomazia del Dragone e il primo ministro locale Viktor Órban avviene in un luogo simbolico per l’allargamento cinese verso l’Europa, ossia l’Occidente. Da lì arrivano le minacce. Budapest è uno snodo del progetto veicolato dall’infrastruttura geopolitica Belt & Road Initiative (Bri) che gli Stati Uniti stanno contrastando perché la considerano un elemento di competizione strategica. Ragione per cui sta ritornando forte, anche con l’uso di alcune continuità politiche, Washington nell’area dell’Europa centro-orientale, quella dove negli ultimi anni Pechino è tornata forte col sistema CEEC, l’accordo politico-commerciale tra Cina e sedici Paesi dell’area noti come “16+1” — spesso definito ironicamente 15+2 da chi considera l’Ungheria politicamente assorbita dai cinesi. Da lì, mentre gli Usa recuperano terreno, i cinesi vogliono dimostrare di essere talmente forti da potersi comportare in modo minaccioso.

Niente è casuale negli affari internazionali, e tutto è collegabile. L’alto funzionario cinese sceglie un luogo che marca la penetrazione in Europa per sottolineare la forte volontà con cui Pechino vuole gli Stati Uniti lontani da Taiwan, stato la cui indipendenza non è riconosciuta, ma anzi considerato non più di una provincia ribelle da riassorbire prima o poi, anche con la forza, dal governo centrale in Cina.

Il ministro parla tramite l’agenzia di stampa Xinhua, governativa, e ribadisce la “seria preoccupazione” per “il viaggio” della presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen. negli Stati uniti. Dice che il suo Paese si “oppone fermamente” ad ogni contatto ufficiale tra gli Usa e Taiwan, in qualsiasi forma.

Tsai, indipendentista in corsa per la rielezione, ha stretto notevolmente i rapporti con gli americani fin dall’inizio dell’amministrazione Trump, mentre aveva raffreddato già quelli col cinese Xi Jinping. Il giorno successivo dell’annuncio del contratto per le nuove forniture miliardi (carri armati, missili Stinger, etc, per un valore di 2,2 miliardi di dollari) era a New York, dove dalla sede dell’ambasciata taiwanese de facto (in realtà un ufficio di rappresentanza per il commercio e la cultura) ha parlato dell’inserimento di Taipei nell’organizzazione delle Nazioni Unite davanti a una serie di diplomatici del Palazzo di Vetro.

Durante il ricevimento, Tsai ha detto che le 23 milioni di persone di Taiwan “hanno il diritto di far parte degli affari internazionali” e non dovrebbero essere ostacolati da “interferenze politiche”. La presidente è in viaggio nella regione nordamericana, passerà anche dai Caraibi dove Taiwan ha alleati in sede Onu su cui poggia parte del suo sostegno internazionale. Piccoli paesi, come Haiti, Saint Vincent & Grenadine, Saint Kitts and Nevis, piccoli paesi che sono amici degli Stati Unit. Al ritorno passerà due giorni a Denver per incontri con la business community locale. A New York ha visto già imprenditori e politici, nonché membri di think tank, ha tenuto un incontro alla Columbia University e ricevuto il riconoscimento formale per l’indipendenza da parte della National Endowement for Democracy e della Freedom House.

A questo giro di contatti si legano le preoccupazioni cinesi; allo stesso si lega l’annuncio per la fornitura militare Made in Usa (tutto è collegabile, si diceva). Taiwan è uno dei dossier in cui il confronto tra potenze Usa-Cina prende i toni spesso durissimi delle vie indirette. Gli americani sanno che stressare il tema sulle dimensioni statuali indipendenti di Taipei (consegne militari, riconoscimenti politici internazionali, cooperazione e accordi economici-commerciali) innervosisce i cinesi, e lo usano come leva.

(Foto: Twitter, @iingwen, la presidente durante il ricevimento a New York)

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