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Sei (buone) ragioni per andare a votare

Siccome il potere è comunque un collante fortissimo non è affatto escluso che alla fine di tutta questa tarantella Pd e M5S trovino un accordo per formare un nuovo governo, così com’è non è follia pura prendere in considerazione il fatto che Salvini e Di Maio si rivelino capaci di superare le frizioni estive per tornare a fare i ministri insieme.
Però va detto con franchezza che lo spettacolo cui stiamo assistendo è di una tale miseria qualitativa da rendere necessario fare pace col fatto che le elezioni sono lo sbocco più sensato di questo insensato mese d’agosto.
Sia chiaro, tutto ciò non perché ha ragione Salvini (lui ha fatto un governo con il M5S salvo poi pentirsene, per poi fare di nuovo marcia indietro: pessimo senza appello), ma più semplicemente per il fatto che arrivati a questo punto è meglio tirare una riga su una legislatura che già aveva poco senso in partenza, figuriamoci adesso dopo tutto quello che abbiamo visto.
Ecco allora sei buone ragioni per tornare a votare (avendo cura di mettere tutti sullo stesso piano, quindi con un governo tecnico “di decantazione” a gestire la campagna elettorale e, possibilmente, anche l’impostazione della manovra di bilancio).
Ragione numero 1: la maggioranza coerente con il voto di marzo 2018 è andata in frantumi dopo 14 mesi, con un livello di contrapposizioni interne mai presentatosi nella storia della Repubblica, di cui il discorso del Presidente Conte al Senato è stato vertice “emotivo”. Quindi l’alleanza tra i vincitori delle politiche non è proponibile nuovamente, a meno di retromarce francamente indecorose sotto ogni punto di vista.
Ragione numero 2: l’accordo di governo Pd-5S è indigeribile perché vorrebbe dire ammettere di fronte alla nazione che i politici sono persone senza dignità, capaci cioè di fare l’esatto contrario di quanto detto fino al giorno prima. Già perché il livello di scontro tra le due forze politiche è stato di tale intensità in questi anni da non consentire pacificazioni, se non in presenza di rinnovate piattaforme politiche e figure di vertice (soprattutto lato 5S).
Ragione numero 3: il M5S ha per anni bombardato tutto e tutti, in nome di un rinnovamento della politica che avrebbe esercitato (una volta incaricato dagli italiani) senza fare prigionieri. Ebbene nell’ultimo anno ha governato con la Lega e ora tratta per governare con il Pd. Tutto bene, ma solo a patto che avvenga dopo una campagna elettorale in cui si presenta al popolo dicendosi pronto a coalizioni con questo e quello (da uno vale uno a uno vale l’altro), perché altrimenti siamo alla presa in giro.
Ragione numero 4: la sinistra di oggi è molto diversa da quella del 2018, dentro e fuori il Pd. Però mantiene in vita la sua peggiore caratteristica, cioè l’istinto insopprimibile al “tafazzismo”, al tutti contro tutti al suo interno. Renzi, Zingaretti, Boschi, Orlando, Orfini, Franceschini, Delrio, Gentiloni: mille teste, mille idee, mille manovre. Anche qui occorre tirare una riga e provare a battere (onore alle illuminanti parole del compagno Macaluso consegnate all’Huffington Post) Salvini chiedendo aiuto al popolo (quindi con le elezioni) e non con una manovra di palazzo.
Ragione numero 5: a destra c’è confusione e i gruppi parlamentari sono ormai anni luce distanti dai reali rapporti di forza. Anche qui occorre una sanzione elettorale per verificare sul campo se Salvini vuole allearsi con Meloni e Berlusconi (ed altri magari, come Toti) ed a quali condizioni tale alleanza può diventare realtà, con la Lega che nel frattempo però non è al 18 % ma al 30 o 35.
Ragione numero 6: il mondo intorno a noi vede addensarsi i nuvoloni neri di una crisi economica di non poco conto. Finirci dentro con equilibri politici precari e intrisi di trasformismo è scelta da irresponsabili, nonché foriera di guai.
Ci pensino un po’ tutti, soprattutto al Quirinale.
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