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Perché un commercio estero alla Farnesina può aiutare le imprese. Parla Mattioli (Confindustria)

L’operazione è di quelle delicate, perché si tratta di spostare uomini, risorse e budget da un dicastero all’altro. E si sa che in Italia, quando c’è di mezzo la burocrazia, non è mai una cosa facile. Si tratta di travasare dal ministero dello Sviluppo Economico al ministero degli Affari Esteri le competenze in materia di politica commerciale e promozionale e di sviluppo dell’internazionalizzazione del sistema Paese. Una scelta cara al nuovo ministro degli Esteri ed ex vicepremier, Luigi Di Maio (ma non è la prima volta che un simile progetto di fusione viene messo a punto e poi, per motivi diversi, rimandato a tempi migliori) con la quale portare tutte le deleghe in materia sotto il cappello della Farnesina. Il progetto di fusione che prenderà forma in un decreto da portare in Consiglio dei ministri, dovrebbe secondo alcuni calcoli del Sole 24 Ore, interessare di 170 milioni di fondi promozionali, 75 milioni per il funzionamento dell’Agenzia Ice, 50 milioni del piano Export Sud e fino a 100 unità del personale ministeriale. Ma cosa ne pensano gli imprenditori, che poi sarebbero i diretti interessati visto che sono proprio loro i primi a dover essere accompagnati su altri mercati? Sull’operazione, che ha già suscitato le perplessità dei sindacati, Formiche.net ha chiesto il parere di Licia Mattioli, imprenditrice piemontese e vicepresidente di Confindustria per l’internazionalizzazione.

UNA SCELTA IMPORTANTE

“Si tratta di un passaggio indubbiamente molto radicale rispetto al passato, una misura diretta ad accrescere l’efficacia dell’azione governativa aumentando le dinamiche di sistema. Credo che una politica estera che include anche la politica economica potrebbe certamente avere un maggiore focus sul mondo industriale. Una maggior vicinanza del ministero degli Esteri ai temi economici potrebbe poi aumentare il peso dell’Italia negli organismi internazionali”, spiega Mattioli. “Però c’è da dire una cosa. Fare questi passaggi comporta degli spostamenti di uomini, mezzi e risorse che portano un allungamento dei tempi e sono comunque passaggi delicati, da non sottovalutare. Non vorrei che tutto possa bloccarsi nel momento del passaggio”. Una sostanziale apertura al progetto era arrivata pochi giorni fa dallo stesso presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, che aveva espresso una sostanziale condivisione con il progetto di fusione, a patto però che “la politica estera italiana inizi a fare proprio un grande obiettivo: far crescere l’export del Paese”.

IL RUOLO DELLE AMBASCIATE

C’è un altro aspetto da esaminare. Con il trasferimento delle deleghe per il commercio estero aumenterà poi il ruolo degli ambasciatori nella spinta all’internazionalizzazione. Come ricordato oggi in un’intervista all’agenzia Nova, dall’ex titolare della Farnesina, Franco Frattini, il passaggio Mise-Esteri porterebbe ad esempio lo stesso Ice, a non essere più “soltanto funzionalmente collegato agli ambasciatori” ma dipendente dagli stessi. “In questi ultimi anni”, spiega Mattioli, “gli ambasciatori hanno lavorato tantissimo per l’internazionalizzazione, facilitando molto gli affari delle imprese italiane in terra straniera. Il messaggio secondo cui le ambasciate non si sono mai occupate di affari è stato ampiamente superato, negli ultimi anni gli ambasciatori e i loro uffici lo hanno fatto eccome, sostenendo le aziende che volevano sbarcare all’estero. Ora, è chiaro che in tutti i passaggi ci sono delle incertezze, che possono anche riguardare i rapporti tra gli stessi enti che si occupano di commercio estero, come l’Ice o la Simest. Rapporti che andranno inseriti sotto un altro cappello, quello della Farnesina. Dobbiamo stare attenti affinché competenze importanti non vadano disperse perché come ho detto si tratta di un’operazione che vale la pena tentare ma non facile”.

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