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La crisi di Roma (e come superarla). Considerazioni sulla ricerca “Roma 2030″

Di Sergio Pasanisi

Mercoledì scorso, nella prestigiosa sede della Camera di Commercio di Roma, il sociologo Domenico De Masi, le cui idee sono molto amate dal M5S, ha illustrato, alla presenza del Presidente della Repubblica Mattarella, la ricerca “Roma 2030 – Il destino della Capitale nel prossimo futuro”. Per arrivare al Tempio di Adriano il taxi ha percorso via XXIV Maggio. La strada, da mesi a senso unico per lavori in corso, è prospiciente alle più importanti istituzioni nazionali, il Palazzo del Quirinale e il Palazzo della Consulta. Dal cartello del cantiere si legge che i lavori per il rifacimento di qualche centinaio di metri di pavimentazione di sampietrini sarebbero dovuti durare da febbraio a settembre, ma ad oggi non sono ancora finiti. Lavori analoghi quanti giorni e quante notti sarebbero durati se fossero stati realizzati davanti all’Eliseo o a Buckingham Palace?

Non ci aspettavamo che i relatori al convegno ci dessero una risposta a tale quesito, ma auspicavamo che i loro interventi non potessero prescindere dalla realtà che si vive quotidianamente a Roma. Invece lo studio di De Masi prefigura il futuro della città con la proverbiale rassegnazione romana. Il lavoro si pone l’obiettivo di volare alto e quindi, volontariamente, tralascia e dà per scontata la non trascurabile situazione critica in cui versa oggi la città. Lo studio parte da una colta e articolata premessa fenomenologica che si conclude con un capitolo sul “Che fare”. Un catalogo delle idee elaborate in questi anni da un folto novero di intellettuali che si sono interessati alle sorti della capitale. Poi la ricerca espone le previsioni degli undici esperti coinvolti attraverso il metodo “Delphi”, delineando il più probabile scenario della città al 2030 come un qualcosa, in linea con l’idioma “destino”presente nel sottotitolo dello studio, di ineludibile… Il tutto articolato in vari settori, dalle politiche per la pubblica amministrazione alla cultura, dall’economia allo sviluppo territoriale. Molte delle idee esposte nella ricerca ed emerse nel convegno sembrano convergere su un punto. La crisi di Roma è la somma di almeno tre crisi: quella della città, a partire dalla sua amministrazione; quella della Capitale, a partire dal declino del suo prestigio internazionale; quella dell’Italia, a partire dalla stagnazione della sua economia.

Ma quali sono le ricette per uscire da questa spirale negativa? Su questo la ricerca è molto meno ambiziosa, e anche De Masi e gli esperti consultati non sembrano essere stati in grado di prefigurare una soluzione, ma neanche delle priorità. L’unica idea, sostenuta da più parti politiche, a iniziare dal senatore Walter Tocci con una prolusione da candidato sindaco in pectore, nonché dalla Camera di Commercio, è che Roma abbia bisogno di uno Status speciale. In quanto la città è diversa da tutte le altre, essendo Capitale politica della Repubblica e Capitale della cristianità. Ovvero la vecchia ricetta a cui la politica ha fatto ricorso negli ultimi trent’anni, a partire dal Governo Craxi (legge per Roma Capitale) passando per il Governo
Berlusconi 2 (che ribattezzò il Comune di Roma in Roma Capitale), fino alla riforma Delrio (quella della Città Metropolitana di Roma Capitale). La ricetta di oggi è “diamo alla città i poteri legislativi che ha una regione, e istituiamo Roma Regione Metropolitana”. Senza però dimostrare come ciò possa garantire una risposta ai problemi reali dei romani. Dalla gestione del trasporto pubblico locale, al ciclo dei rifiuti, dall’inefficienza della macchina amministrativa, alla crisi che attanaglia operatività e conti delle società municipalizzate, dalla sicurezza al decoro e alla manutenzione urbana, dalla tutela alla riqualificazione del territorio, dal welfare urbano allo sviluppo dell’economia. Ma poi siamo veramente sicuri che la proposta di “pieni poteri” con un nuovo Status per Roma non sia un modo per dare un’alibi alla politica per evitare di assumersi le proprie responsabilità amministrative nei confronti dei romani e, perché no, degli italiani? Rinviando così la soluzione ai problemi dell’oggi non solo a dopo che il Parlamento abbia varato la nuova grande riforma istituzionale, ma anche a dopo che gli enti locali si siano adeguatamente riorganizzati. Vent’anni?

Per fare molte delle cose necessarie, forse e più semplicemente, basterebbe che le attuali istituzioni locali, comune di Roma e limitrofi, Città Metropolitana e Regione, si parlino in modo collaborativo e coordino le proprie azioni, immediate e strategiche. (La Città Metropolitana non ha già, con i poteri della riforma Delrio, l’obbligo di redigere e aggiornare ogni tre anni il proprio Piano Strategico a cui i comuni si devono adeguare?) Ma forse, ancor di più, basterebbe che tutti, dai singoli cittadini a chi ricopre ruoli anche nelle istituzioni più alte, come per il caso di via XXIV Maggio, non si disinteressino a ciò che avviene sotto la propria casa. Non seguano la logica del “non è di mia competenza” e che, con una costante e continua dedizione civica, esercitino il loro diritto/dovere, anche nelle piccole grandi cose, di avere cura della propria città.

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