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Se Salvini strappa il centrodestra, Giorgetti ricuce. L’arte del pontiere

Guai a chiamarlo “tessitore”. “Mia madre lavorava in orditura e tessitura, io faccio un altro mestiere”. Giancarlo Giorgetti non ama la fama di uomo dietro le quinte. Dopotutto è il numero due della Lega e resta il più saggio consigliere del leader Matteo Salvini, da cui non ha alcuna intenzione di prendere le distanze. Il varesino ha sempre smentito le voci inseguitesi tutta l’estate di un grande gelo con il segretario sulla rottura con i grillini.

Lo ha rifatto ad Atreju, il festival di Fratelli d’Italia radunato da Giorgia Meloni sull’isola Tiberina per la sua ventiduesima edizione. Ricevuto da un’accoglienza non meno calorosa di quella riservata a Salvini, l’ex sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio ha infiammato la sala mettendo nel mirino i Cinque Stelle: “Tutti gli elettori M5S hanno votato contro Renzi, Gentiloni e Pd. Si dice che siamo in una democrazia parlamentare, ma è molto parlamentare e poco democrazia”.

La rottura era inevitabile, ribadisce a scanso di equivoci. Lo ha capito il 31 luglio, quando “dopo nove ore di Consiglio dei ministri sulla Giustizia abbiamo chiuso senza una soluzione”. Sarà quello lo scoglio su cui si arenerà la nave giallorossa, dice Giorgetti, “è l’unico tema su cui i 5 Stelle non possono transigere”.

Sul palco con Giovanni Toti, Graziano Del Rio e Fabio Rampelli per discutere di riforme, il leghista si guadagna gli applausi della destra italiana senza mai perdere il fair play. Non ride di gusto quando proiettano una vignetta irreverente su “San Giggino Di Maio”, e rimane impassibile, sguardo basso, quando nei fumetti finisce il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Né si unisce alle stoccate che l’ex azzurro presidente della Liguria sferza contro Silvio Berlusconi e i forzisti. Un’ora prima Salvini ha canzonato il patron di Mediaset e la sua voglia di “atlantismo, moderatismo, europeismo”, “anche Conte è moderato”. Giorgetti invece va più cauto, anche sul grande punto interrogativo che tiene sospeso il centrodestra: la battaglia per il maggioritario. Non è un mistero che Forza Italia non faccia i salti di gioia all’idea di un ritorno al Mattarellum o, peggio, all’introduzione di un “maggioritario all’inglese” chiesto a gran voce da Salvini e Meloni. “La nostra proposta di referendum elettorale per il maggioritario è una risposta alla provocazione di un programma di governo contenente il sistema proporzionale – precisa il vicesegretario.

Poi rassicura gli animi e garantisce che l’iter per una nuova legge elettorale avrà meno ostacoli del previsto, “il referendum passa, passa”. Acqua sul fuoco prima che le tensioni della coalizione sfocino in uno scontro aperto, mentre si avvicinano le regionali in Umbria che, salvo colpi di scena, vedranno il centrodestra sostenere compatto la candidata leghista Donatella Tesei.

Gli umori fra ex alleati non sono al massimo. I tentennamenti del Cavaliere sul proporzionale hanno riacceso i dubbi sulla lealtà dei forzisti e sulla capacità del leader di tamponare eventuali emorragie renziane del partito. “Per ristrutturare il centrodestra bisogna prima fissare dei paletti precisi – avvisa la senatrice di Fdi Isabella Rauti – vogliamo un sistema maggioritario che permetta a chi vince le elezioni di governare, ma vogliamo inserirlo in una riforma più ampia che includa l’elezione diretta del Presidente della Repubblica e l’abolizione dei senatori a vita”.

Le distanze con gli azzurri sembrano siderali ma la speranza di dissipare dubbi e diffidenze non è ancora persa. Dietro ai proclami e alle stilettate reciproche le rispettive diplomazie sono già al lavoro. Giorgetti in prima linea. È di martedì la notizia di una sua chiamata serale a Gianni Letta, braccio destro del Cavaliere, lui sì da sempre fiero pontiere del centrodestra, uomo di dialogo, e di silenzio. Che in questo momento è d’oro.

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