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L’Ue condanna Erdogan e Di Maio annuncia lo stop alle armi per la Turchia

Il Consiglio europeo ha diffuso una dichiarazione con cui “disapprova” l’intervento turco in Siria. La decisione su quella che diventa la posizione ufficiale dell’Ue riguardo l’attacco lanciato da Ankara – un’offensiva diretta verso le fasce settentrionali siriane, appena oltre il proprio confine – è stata presa in forma unanime durante una riunione ministeriale Esteri dell’organo europeo che riunisce i rappresentanti di tutti i governi dei Paesi membri.

La mossa ha sostanzialmente un valore simbolico. L’Europa non interromperà i rapporti connessi alle politiche di vicinato e allargamento – così si definiscono le relazioni Ue-Turchia – e non promuoverà un’azione congiunta sul blocco di vendita delle armi, come invece fatto in forma unilaterale da diversi Paesi europei come Germania, Francia e Paesi Bassi.

Oggi, il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, ha annunciato che nelle prossime ore l’Italia varerà un decreto ministeriale “che devo firmare come ministro degli Esteri” per bloccare “l’export di armamenti verso la Turchia per tutto quello che riguarda il futuro dei prossimi contratti e dei prossimi impegni”.

“Non importa portare” l’iniziativa dell’embargo sugli armamenti alla Turchia in Parlamento, perché “per le nostre regole si tratta di un decreto ministeriale, come quello che abbiamo firmato sui rimpatri” della settimana scorsa, ha spiegato Di Maio al termine del Consiglio Ue.

Val la pena ricordare che la Turchia, dopo Qatar e Pakistan, è stato il terzo maggior acquirente di armi italiane secondo i dati del 2018, con 362 milioni di dollari autorizzati.

Oggi è previsto alla Casa Bianca un incontro di altissimo livello tra i principali segretari dell’amministrazione statunitense. E in due tweet, il presidente Donald Trump ha avvisato che contro la Turchia “sono in arrivo” sanzioni molto dure.

Il tycoon è tornato ad accusare l’Europa di essersi disinteressata del problema dei foreign fighter dell’Isis catturati dai curdi,  che in questo momento sono un elemento di allerta perché mentre i bombardamenti turchi colpiscono le aree in cui si trovano i campi di detenzione, questi stanno iniziando a fuggire in gruppo.

Oggi, a Kobane, una città curda simbolo della resistenza al Califfato a sud della quale si trova il campo di Al Issa – da dove ieri sono fuggiti miliziani jihadisti dello Stato Islamico – sono entrati i carri armati dell’esercito siriano. Ieri sera i curdi hanno firmato un accordo di tregua con il regime di Damasco, che in cambio ha promesso aiuto contro la Turchia. L’intesa è stata veicolata dalla Russia, che ha il compito di protettrice politica e militare della satrapia assadista in Siria. Ma che nel frattempo non nega il suo sostegno a Ankara.

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