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Dalla Siria alla Russia. Il risiko Trump spiegato da Ian Lesser (Gmf)

Siria, Ucraina, Russia, Europa. Politica estera e domestica sono un tutt’uno nell’agenda di Donald Trump. Le presidenziali del 2020 si avvicinano e un altro passo falso può ribaltare i pronostici. I democratici sono sul piede di guerra per il caso Ucraina e vogliono andare fino in fondo con l’impeachment. Ma non è questo il vero ostacolo che può far inciampare l’amministrazione Usa, spiega a Formiche.net Ian Lesser, direttore esecutivo del German Marshall Fund.

Partiamo dall’annuncio di Trump sulla Siria. Un duro monito agli alleati europei?

Trump ha vinto la sua battaglia dentro all’amministrazione. Ha sempre mantenuto un approccio cauto sulla Siria e molto più indulgente verso Ankara rispetto alla linea fatta propria da Dipartimento di Stato e Difesa. Credo che il ritorno dei foreign fighters europei dalla Siria c’entri poco. Con gli alleati in Europa ci sono altre incomprensioni da risolvere.

Ad esempio?

Penso ovviamente alla vicenda della contro-inchiesta sul caso Russiagate su cui l’amministrazione Usa ha chiesto aiuto ai servizi segreti europei.

Come finirà?

Difficile esprimersi per ora, al momento abbiamo di fronte un mosaico confuso e non conosciamo il disegno finale. Ci saranno senz’altro conseguenze in politica estera, perché il caso costituisce un’enorme distrazione di energie per l’amministrazione Usa. E solleva dubbi e domande su come interferenze di Paesi stranieri, agenda di politica estera e domestica siano intrecciate.

Nel frattempo il caso Ucraina ha rilanciato l’impeachment chiesto dai democratici. Hanno qualche chance di farcela?

L’iter potrebbe procedere più spedito del previsto. Oggi sembra improbabile che possa bloccare la corsa di Trump per le presidenziali del 2020 anche perché i democratici non hanno ancora i numeri al Senato. Nel Gop i critici stanno crescendo ma il presidente mantiene una solida presa sulla sua base elettorale. La vicenda ucraina ha creato confusione a Washington, democratici e repubblicani non sono sicuri su chi sia uscito vincitore fra Trump e Biden.

Il suo verdetto?

Sono convinto che la politica estera americana abbia accusato il colpo più duro. Esce malconcio anche l’establishment diplomatico statunitense, il circuito di ambasciatori e inviati in servizio che hanno costruito sulla professionalità la loro reputazione e ora si trovano sotto attacco.

Non solo Ucraina, c’è anche la Cina. La chiamata di Trump anti-Warren può lanciare la candidatura della senatrice alle primarie?

Warren è fra le favorite, ma non mi sbilancio sul traguardo. In fondo le primarie democratiche sono un po’ come le elezioni europee. Non riescono mai a mobilitare i “believers”, lo zoccolo duro della base elettorale. La vera partita si gioca nel rush finale, e a quella guardano gli alleati europei per capire il corso futuro delle relazioni transatlantiche.

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