Il Servizio Studi di Federcasse ha effettuato una ricognizione delle ricerche empiriche svolte negli ultimi cinque anni (soprattutto da Autorità di vigilanza) sul ruolo svolto dalla diversità delle forme dimensionali, organizzative e di governance delle banche nel garantire la stabilità e l’efficacia dell’intermediazione finanziaria. Ne sono emersi, in grande sintesi, tre principali risultati.
Primo: le banche locali hanno una vocazione al supporto delle piccole imprese e dei territori di riferimento e dunque lavorano con obiettivi e modalità operative diverse dalle banche non locali. Secondo: l’andamento dell’offerta di credito ha avuto un impatto misurabile significativo sul livello di attività economica e sull’occupazione durante la crisi. Terzo: le piccole banche accrescono nel complesso la resilienza del settore finanziario grazie alla diversificazione di comportamenti e di approcci operativi.
Al 30 giugno 2019, la quota di mercato delle Banche di Credito Cooperativo e Casse Rurali (Bcc) nei crediti alle imprese artigiane era del 23,5%; del 21,5% per le imprese del settore turistico (alloggio e ristorazione); del 20,9% per le imprese agricole, del 12,3% per le costruzioni e attività immobiliari; del 10,3% per il commercio. La dimensione di tali “quote di responsabilità” già basterebbe a costituire il terzo argomento per recuperare l’orgoglio. Ma possiamo dire molto di più. Le Bcc incarnano un modello di finanza oggettivamente sostenibile nel senso che contribuisce sia alla finanza geo-circolare (il risparmio generato in una comunità viene reinvestito in attività produttive di quella comunità) sia allo sviluppo durevole dei territori: la governance cooperativa rende le banche meno soggette alla possibilità di delocalizzazione dei propri interessi (ad es. per l’acquisizione da parte di gruppi esterni) o a cambi di strategie commerciali che possano nuocere alla clientela locale; i soci-proprietari sono residenti o con attività nell’area di competenza; non vengono distribuiti sostanzialmente dividendi, il focus è sulla creazione di valore per soci e clienti; la solidità patrimoniale e la visione di lungo termine (molto oltre il 70% degli utili a patrimonio).
Altri numeri contribuiscono a dimostrare questa particolare vocazione a sostenere l’economia reale dei territori: l’80% di quanto raccolto dalla clientela viene impiegato nell’economia reale che genera occupazione e reddito; almeno il 95% di questi impieghi deve essere erogato nell’area di competenza; oltre il 96% degli impieghi viene erogato a imprese e famiglie. Le quote di mercato sono state elevate e crescenti anche negli anni della crisi nei settori delle Pmi e delle famiglie.
Nel primo semestre del 2019, le Bcc hanno erogato nuovi finanziamenti a medio lungo termine per quasi 12 miliardi di euro. Il deterioramento del credito, poi, è inferiore alla media del sistema bancario nei loro settori di vocazione (famiglie, micro e piccole imprese). C’è poi il dato del mantenimento dei presidi territoriali (4.231 sportelli, unica presenza in 630 piccoli comuni, di cui il 95% con meno di 5 mila abitanti. In media dal 2008 al 2018 le Bcc hanno allocato a riserva l’86,8% degli utili, a beneficienza il 6,3% mentre ai soci-azionisti il 2,9%. Il resto dell’industria bancaria – avendo funzioni-obiettivo diverse – hanno destinato il 40,5% a riserva, il 46,2% agli azionisti, lo 0,3% a beneficienza.
Infine, il dato più rilevante sotto il profilo della materia prima del mercato bancario, ovvero la fiducia: la crescita costante dei soci, quasi il 40% in più dal 2008, segno evidente e concreto che anche negli anni più duri della crisi le banche di comunità hanno saputo generalmente mantenere alti i presidi dell’affidabilità e della serietà. La salute, l’educazione, l’impatto dei cambiamenti climatici, l’accesso alle tecnologie sono, infine, nuove “frontiere” della disuguaglianza che si aggiungono a quelle più tradizionali, come la povertà e l’accesso al lavoro e la sua qualità. In tutte le dimensioni dello sviluppo umano, le Bcc sono in vario modo impegnate o in cammino. Le opportunità che derivano dalla adesione ai nuovi gruppi bancari cooperativi dovranno consentire di interpretare in modo nuovo l’intento “trasformativo” della cooperazione di credito. E diventare riferimento nel combinare la presenza delle filiali nel territorio (il segnale controcorrente di JP Morgan che annuncia di voler aprire 400 filiali per essere vicine alle piccole imprese è interessante) con la relazione digitale e con un’interpretazione originale della sostenibilità economica, sociale e ambientale. Posizionandosi ancora meglio come soggetto attivo per combattere le disuguaglianze e difendere la bio-varietà imprenditoriale.