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Così i Nobel per la Medicina tolgono ossigeno ai tumori. Parla Novelli (Tor Vergata)

Più che un premio – anche se del più alto livello internazionale – il Nobel per la Medicina assegnato oggi accende una luce di speranza. Il riconoscimento al lavoro degli americani William Kaelin e Gregg Semenza e del britannico Peter Ratcliffe, premia la ricerca del misterioso meccanismo attraverso cui le cellule si adattano alla disponibilità di ossigeno nell’ambiente. E spiana la strada, o almeno si spera, verso la cura dei tumori. “L’importanza fondamentale dell’ossigeno è nota da secoli – ha spiegato il Comitato Nobel dell’Istituto Karolinska di Stoccolma -, ma il processo di adattamento delle cellule ai cambiamenti del livello di ossigeno è stato a lungo un mistero”.

In una conversazione con Formiche.net, Giuseppe Novelli, rettore dell’Università Tor Vergata, ha spiegato l’importanza di questa ricerca: “Uno degli aspetti principali è comprendere i meccanismi cellulari biochimici e molecolari della produzione di energia nelle cellule tumorali, che è diverso dalle cellule normali. Le cellule tumorali hanno ideato un meccanismo per vivere, per riprodursi, anche in condizioni di carenza di ossigeno, un meccanismo che si chiama ipossia”.

Così, davanti al fatto che le cellule dei tumori riescono a sopravvivere anche con scarso ossigeno, i premiati hanno individuato gli elementi che permettono tale fenomeno. “I colleghi hanno capito che questo avviene soprattutto per l’attivazione di alcune proteine specifiche, tra cui una principale studiata da Gregg Semenza che si chiama KF1 – ha spiegato Novelli -. Che cosa succede? Questa molecola è molto importante per fare produrre energia senza energia alle cellule tumorali”.

E attualmente si stanno analizzando, in fase avanzata, farmaci che bloccano questa proteina: “L’ipotesi di Semenza è che se la blocchiamo, le cellule tumorali magari non vivono o vivono male. Siamo in una fase attiva, quella che chiamiamo ‘fase terza’ di alcuni farmaci che si stanno sperimentando come farmaci anti-cancro. Questo apre delle strade innovative verso la medicina personalizzata, verso la terapia dei tumori in maniera mirata e specifica”.

Ma non solo: capire come funziona il meccanismo di “ossigenazione” delle cellule potrebbe aiutare a scoprire la cura per l’anemia e per gli infarti, per esempio.

Il Nobel per la Medicina, secondo Novelli, sottolinea anche l’importanza degli investimenti nella ricerca per ottenere ottimi risultati. Il rettore ricorda che i premiati provengono dai tre istituti migliori al mondo in questo momento, Oxford, Baltimora e Harvard: “Harvard ha un finanziamento annuale che è quasi il Pil di una nazione. Vuole dire che i risultati arrivano quando ci sono grandi finanziamenti, grandi investimenti per la ricerca, perché questo stimola le strutture e attira le persone. Cioè, i grandi scienziati vengono dove c’è una densità di persone e cervelli che girano e con le strutture adeguate”.

Fuga di cervelli in Italia? La ricerca internazionale, sottolinea Novelli, è per definizione senza confine: “Ovunque ci sia ricerca il risultato è sempre positivo. […] In Italia gli istituti sono all’avanguardia e vanno potenziati. L’Italia non è messa male, è tra i primi cinque-sei Paesi al mondo in quantità di produzione scientifica. Ma come ci piace farci danno, spariamo sempre sulle nostre università. Io lo chiamo il paradosso italiano: se l’università italiana non funziona, perché i nostri laureanti sono apprezzati in tutto il mondo? Vuol dire che funzionano!”.

Un pronostico per i prossimi Nobel che saranno assegnati questa settimana? Il rettore pensa che il Nobel per la Chimica, probabilmente, riconoscerà la ricerca che riguarda i meccanismi nuovi per l’analisi del Dna, così fondamentale che ha rivoluzionato il mondo.

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