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Poco Pil e titoli rischiosi. L’Italia da brividi secondo Moody’s

Mentre il governo prova a trattenere con le unghie e con i denti Arcelor Mittal, qualcuno al di là dell’Oceano Atlantico ci ricorda l’amara verità. E cioè che la nostra economia non solo ristagna, nel 2020 il governo ha stimato nel Def una crescita dello 0,6%, ma è anche fanalino di coda in Europa. Difficile accettare l’idea che un Paese a corto di Pil possa permettersi il lusso di rinunciare a un investitore del calibro di Mittal. Eppure sta succedendo, proprio nel giorno in cui la Germania schiva la recessione.

LA VERSIONE DI MOODY’S

L’ultimo Global macro outlook di Moody’s, che lo scorso settembre ha confermato all’Italia il rating Baa3, parla fin troppo chiaro. L’agenzia di rating si attende una crescita dello 0,2% quest’anno, dello 0,5% nel 2020. Nel 2021 invece Moody’s si attende una lieve accelerazione al +0,7%. Dunque? “In Italia – si legge nel rapporto – la crescita rimarrà lenta e significativamente sull’assunto che un ambiente politico più stabile, il proseguimento di una fase di crescita positiva nell’eurozona e un mix di politiche monetarie e fiscali di supporto risulteranno in una ripresa, per quanto modesta, dell’economia”.

SILURO AL M5S

Non è finita qui. Perché l’agenzia statunitense ha riservato a uno dei due partiti di governo, il Movimento Cinque Stelle, un duro attacco. La messa in discussione della principale misura del Movimento, nata nel 2018 ma concepita ben due anni prima, il reddito di cittadinanza. Sottolineando come l’iniziativa “fiore all’occhiello del Movimento Cinque Stelle, contribuirà meno del previsto alla crescita dei consumi dal momento che il numero di assegni erogati e il loro importo sono stati inferiori alle aspettative iniziali”. Di qui un’amara constatazione: “L’economia dell’Italia è in stagnazione dal secondo trimestre del 2018 riflettendo in parte il rallentamento generale dell’eurozona ma con l’aggiunta di fattori specifici al Paese. Il costo del finanziamento (del debito, alias lo spread oggi a 155 punti base, ndr) e l’incertezza politica sono aumentati durante il governo di coalizione della Lega e del movimento 5 stelle”.

ATTENTI AI TITOLI PUBBLICI

Attenzione però, c’è un altro risvolto. L’Italia, come noto, per sostenere il suo mastodontico debito pubblico (oltre 2.400 miliardi), è costretta a emettere ogni anno 400 miliardi di titoli, a mezzo asta. Fin qui tutto bene se non fosse che proprio tre giorni fa la stessa Moody’s aveva emesso un report in cui paventava una progressiva perdita di valore dei titoli di Stato. E non solo quelli italiani, ma in generale quelli di tutti i 140 Paesi al mondo che emettono titoli per finanziare il debito e sottoposti a rating di Moody’s. Il linguaggio è quello tecnico, ma il succo è chiaro: “Nel complesso il contesto internazionale è sempre più imprevedibile per i 142 emittenti sovrani a cui assegniamo un rating e che rappresentano un ammontare di debito collocato pari a 63,2 mila miliardi di dollari. Sta crescendo il rischio di eventi sfavorevoli, aumenta lo spettro di inversioni di trend nei flussi di capitale che finirebbe per cristallizzare le vulnerabilità dei titoli di Stato più deboli”. Magari i nostri Btp.

SORPASSO GRECO

Mal comune mezzo gaudio? Forse. Ma l’Italia ha qualcosa in più da perdere. Due giorni fa i tassi dei titoli a 10 anni di Atene sul mercato secondario sono scesi nel corso della giornata su un livello più basso rispetto ai Btp di pari durata. Non accadeva dal 2008, da prima che la Grecia sprofondasse in una profonda crisi del debito sovrano che poi ha affrontato con tre piani di salvataggio (prestiti della Troika condizionati all’adempimento di riforme socialmente lacrime e sangue). Ora i titoli italiani sono diventati ufficialmente i più rischiosi dell’Eurozona.

 

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