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No ai missili russi. Gli Usa mettono in guardia la Serbia (e i Balcani)

Alla larga dai missili russi. Non ha usato mezze parole il nuovo inviato degli Usa per i Balcani Matthew Palmer in visita ufficiale a Belgrado. “C’è una dose di preoccupazione per il dispiegamento di equipaggiamenti russi in Serbia – ha detto alla stampa locale il diplomatico, vice-sottosegretario agli Affari europei ed eurasiatici del Dipartimento di Stato. Il riferimento è ai missili russi S-400 che, secondo indiscrezioni riportate dai media serbi, il governo di Aleksandar Vucic sarebbe in procinto di acquistare.

Il sistema di difesa anti-aerea è un cavallo di battaglia del Cremlino. Gli S-400 sono missili terra-aria con una gittata di 400 chilometri che l’esercito russo utilizza per abbattere aerei da guerra, come bombardieri strategici, caccia e velivoli spia. Gli Stati Uniti considerano l’acquisto dei missili russi incompatibile con qualsiasi cooperazione militare con i Paesi alleati, soprattutto quelli che fanno parte della Nato. Tant’è che quando lo scorso 12 luglio il governo della Turchia ha ufficializzato l’acquisto e ha fatto entrare i missili nella base aerea di Murted, la Casa Bianca ha annunciato l’esclusione di Ankara dal programma F-35, i caccia di ultima generazione di fabbricazione americana.

La Serbia non è un Paese membro della Nato. Un eventuale acquisto degli S-400 metterebbe però seriamente a rischio la cooperazione militare con il governo americano e allontanerebbe l’ipotesi di una futura adesione. In questo caso, ha ammonito Palmer da Belgrado, non è da escludere che gli Stati Uniti “introducano misure speciali per l’acquisto di mezzi russi. Ci auguriamo tuttavia che i nostri partner serbi ne siano consci e stiano attenti a queste transazioni”.

L’indiscrezione non ha al momento trovato riscontri ufficiali da parte del governo serbo. Come spiega a Formiche.net il ricercatore dell’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) Giorgio Fruscione, gli addetti ai lavori ritengono improbabile che l’operazione vada in porto: “Lo escludo per una semplice ragione economica. Non possiede la cifra richiesta per gli S-400, che si aggira fra i 600 e gli 800 milioni di dollari. Un miliardo, se si includono i prezzi di trasporto e per la resa militare, cioè quanto ha speso il governo serbo in armamenti negli ultimi sei anni”.

L’allarme Usa è scattato il 24 ottobre, quando il governo serbo ha accolto a Belgrado una divisione di S-400 destinati all’esercitazione congiunta con il governo russo “Scudo slavo 2019” iniziata questo mercoledì. Con loro c’erano anche i Pantsir-S1, missili terra-aria a media gittata made in Russia. Di questi sì il governo di Vucic ha annunciato l’imminente acquisto da Mosca. “Sono missili con capacità ridotte e gittata inferiore rispetto agli S-400 – dice Fruscione – hanno anche un costo inferiore, la loro vendita rientra nel quadro delle normali relazioni fra Belgrado e Mosca”. I dati lo confermano. La cooperazione militare della Russia con il suo ex Stato satellite è attiva da anni. I serbi hanno comprato dai russi i caccia Mig-29, elicotteri, carri armati.

La sfilata di missili russi in un Paese estero è però davvero una scena inedita. Come lo stesso ministero della Difesa russo ha ammesso, è infatti la prima volta che gli S-400 abbandonano i confini per prender parte a un’esercitazione militare. Un messaggio forte dal Cremlino che è sentore di un continuo slittamento geopolitico della Serbia verso la Russia. Non a caso in conferenza stampa Palmer ha tenuto a ribadire che gli Usa sono tutt’oggi “il partner più forte” di Belgrado nel comparto della Difesa. Sulla crescente influenza russa nei Balcani è tornato a seguito del bilaterale con Vucic. Il no dell’Ue ai negoziati di adesione di Macedonia del Nord e Albania, ha tuonato il diplomatico americano, è stato “un errore storico e un cattivo messaggio per l’intera regione”.

Le tensioni con Washington sono destinate a restare. Preoccupa in particolare la base aerea di Nis, città nella provincia della Serbia centrale. Formalmente la struttura è votata alle operazioni della Protezione civile serba. Nei fatti, accusano gli americani, funge da base militare russo-serba. Se lì dovessero arrivare gli S-400 russi tutti i Balcani, spiegano i diplomatici dei Paesi confinanti, sarebbero a tiro. “Ufficialmente è una base che lavora a scopo umanitario – spiega Fruscione – ma su questa installazione rimane molta ambiguità”. Prova ne è, aggiunge l’esperto dell’Ispi, la fila di incendi che ha recentemente devastato le foreste serbe al confine con la Bulgaria. Vista la vicinanza territoriale, “potevano essere domati dalla tecnologia di questo centro ma non si è visto alcun intervento significativo”.

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