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Più infrastrutture e meno emissioni. La ricetta di Stefano Cao (Saipem)

Di Stefano Cao

“The true map of the world should feature not just states but megacities, highways, railways, pipelines, Internet cables and other symbols of our emerging global network civilization”. Sono parole di Parag Khanna, economista esperto di geopolitica dell’Università di Singapore e fautore di una teoria sui movimenti e cambiamenti in atto sul nostro pianeta.

Nei prossimi quarant’anni, secondo Khanna, costruiremo più infrastrutture di quante ne siano state costruite negli ultimi quattro millenni. Il costo stimato per la costruzione di una rete infrastrutturale-chiave, nei prossimi anni, che risponderà al nuovo bisogno di interconnessione e che costituirà la base per lo sviluppo del nostro futuro, è dell’ordine di 100 trilioni di dollari. Inoltre, allo stato attuale abbiamo una rete di infrastrutture progettata per 3 miliardi di persone mentre la popolazione mondiale supera già gli 8 miliardi.
Anche Oxford economics e Global construction perspectives prevedono che, entro il 2030, il mercato globale delle grandi opere infrastrutturali subirà una rapida crescita nel settore, superiore a quella del Pil globale.

In uno scenario di questo tipo, un’azienda come Saipem può concorrere a intercettare parte degli investimenti, stimati in circa un trilione di dollari, applicando un’analisi preventiva degli scenari sociali e demografici che ne influenzeranno la determinazione e valutando nuovi mercati che si dovessero aprire, in ciò favorita da una presenza globale che presidia già molti dei nodi strategici di interconnessione.

Inoltre, è importante per il futuro del pianeta e delle nuove generazioni che l’attenzione rivolta alle aree di sviluppo di questa connettività vada combinata con lo sviluppo sostenibile e si concentri sulla adattabilità ambientale e quindi sulla riduzione drastica delle emissioni. La popolazione mondiale si concentrerà sempre di più nelle grandi megalopoli e, di conseguenza, ci sarà bisogno di nuove infrastrutture; non solo quelle tradizionali come le vie di trasporto, ma anche le reti energetiche e le infrastrutture di Internet. Le infrastrutture sono i veicoli attraverso cui si esercita il potere e l’influenza e disegneranno tutto lo scacchiere geopolitico.

In particolare, nel settore dell’energia stiamo vivendo quella che tutti amano definire transizione energetica. Se ne parla tanto, ma c’è ancora molto da fare per garantirla. Il gas, e in particolare il Gnl, sarà il protagonista per i prossimi decenni di questa transizione in quanto è la fonte energetica che possiamo definire più accettabile da un punto di vista di tutela dell’ambiente perché garantisce il passaggio alle rinnovabili con le minori emissioni possibili. Avremo, dunque, sempre più bisogno di infrastrutture per il trasporto di questa commodity come gasdotti e impianti di liquefazione e rigassificazione.

L’Italia dispone di importanti riserve di gas che non utilizziamo, soprattutto nel mar Adriatico, per paura di gestire il territorio rischiando però in questo modo di danneggiare l’intera nazione. Infatti, potrebbero essere altri Paesi a perforare e ad attingere a risorse che sono anche nostre. Risorse che, oltre ad essere a Km 0, se non sfruttate, a valle della transizione energetica perderebbero qualsiasi valore.

Tutti sappiamo che fonti fossili come il petrolio producono CO2 e che dobbiamo tendere all’azzeramento di questa CO2 che rischia di avvelenare il pianeta. Da qui al 2050 in Saipem dobbiamo continuare a realizzare sempre più impianti che producano energia rinnovabile, come i parchi eolici offshore su cui siamo impegnati in varie aree del mondo, e sviluppare le nuove tecnologie come il Kitegen (una sorta di aquilone che sfrutta l’energia eolica di alta quota) e quelle per lo sfruttamento delle correnti marine o del moto ondoso. Dovremo usare sempre più l’idrogeno. Nel frattempo sviluppare soluzioni per catturare e stoccare la CO2 che comunque verrà prodotta.

In un mondo in rapido cambiamento, solo coloro che hanno un’innata attitudine all’innovazione come parte integrante del loro Dna, sono in grado di intercettare questi modelli di transizione, assumendo il ruolo di motore tecnologico in grado di adattare e trasformare approcci, modelli e processi alle esigenze della crescente domanda di energia nel rispetto degli obiettivi ambientali che ci siamo posti.

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