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Su prescrizione e giustizia il governo balla (ma non cade). Parla Sansonetti

In discussione c’è un modello, sociale e di giustizia per il Paese: autonomia contro libertà. Lo pensa a proposito dello scontro sulla giustizia il direttore del Riformista Piero Sansonetti, secondo cui questo è il bivio a cui siamo chiamati sulla giustizia dopo che è stata abolita la prescrizione, nella consapevolezza che sul governo e sulla giustizia comanda Travaglio (né Grillo, né Di Maio).

Un “rischio per la tutela dei diritti dei cittadini”. Così l’Anm definisce la proposta del Guardasigilli di programmare i tempi dei processi penali, con l’ipotesi di sanzioni disciplinari sforamenti. Che ne pensa?

In quei termini i magistrati spiegano cosa in realtà volevano: l’abolizione delle prescrizione perché sia consegnato a loro l’imputato per averlo in pieno potere e senza alcun condizionamento esterno, né di leggi né di organismi. I magistrati sostengono che l’autonomia della magistratura consista nella sua incontrollabilità. Questo è il principio chiave dell’Anm, che non è un sindacato ma rappresenta il partito dei magistrati e come tale impone un suo punto di vista.

Ovvero?

Il passaggio da autonomia e incontrollabilità. Autonomia contro libertà: questo è il bivio a cui siamo chiamati sulla giustizia dopo che è stata abolita la prescrizione. Secondo quella visione il magistrato è libero solo se gode di autonomia, ovvero potere incontrollato. In questo senso hanno inteso la richiesta dell’abolizione della prescrizione. Ma l’idea di Bonafede di prevedere sanzioni così blande è vaga e non basta: serve che spieghi il come.

La prescrizione, più delle regionali, potrebbe essere fatale alla maggioranza?

Non credo. Il governo non cadrà né sulle regionali né sulla prescrizione. La crisi ci potrebbe essere solo per volontà di qualche partito. Al momento non conviene a nessuno. E poi non credo che il Pd si impunterà sulla giustizia: ha ceduto su tutto e altrettanto farà sulla prescrizione.

Scompare del tutto la posizione riformista del Pd?

Potrebbe essere semmai un auspicio per il futuro, ma al momento no. Sono un partito unico con il M5S.

Il ministro Bonafede sceglie il modello Davigo, così come scrive oggi Il Foglio? E con quali conseguenze per cittadini e maggioranza?

Bonafede non ha scelto quel modello, perché non ha potere. Né Grillo, né Di Maio: sul governo e sulla giustizia comanda Travaglio, che si consiglia con Davigo, e che impone scelte e tempi, come il licenziamento di Di Maio. Grillo ormai si è ritirato: era un anarchico, ma anche giustizialista in quanto anarchico. Adesso non comandano più gli anarchici come Grillo ma i reazionari come Travaglio. La loro idea è di affernare un’Italia di ordine, repressa e controllata, ritenendo che una società guidata in modo autoritario possa rendere di più rispetto ad una società libera. Le due opzioni sono queste: Bonafede, Di Maio e Di Battista non c’entrano nulla.

E il premier Conte?

Svolge il diligente compito di notaio, con l’unico fine di smussare gli angoli e trovare il modo di non far cadere il governo. Quasi un incarico professionale che si dà ad un avvocato.

Il M5s a guida Crimi sarebbe disponible ad un passo indietro dalla maggioranza, più di quanto lo fosse Di Maio?

È stato solo un cambio alla guida dello stesso veicolo, con Travaglio che ha voluto prendere direttamente possesso del M5s. Il giovane Di Maio, che qualche successo lo ha conseguito, iniziava a dare fastidio.

twitter@FDepalo

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