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Airbus, ecco come funzionava il sistema di corruzione

“Un’ascesa fondata sulla corruzione”. È la sentenza del Frankfurter Allgemeine Zeitung, uno dei principali quotidiani di Germania, sulla vicenda Airbus, il colosso franco-tedesco dell’aviazione che ha deciso di pagare sanzioni per 3,6 miliardi di euro pur di chiudere le cause aperte di Francia, Regno Unito e Stati Uniti.

LE ACCUSE

La vicenda è ormai nota, apertasi nel 2016 quando il Serious fraud office (Sfo) britannico decise di avviare un’indagine su tangenti e corruzione connesse a presunte irregolarità nei rapporti con intermediari e terze parti, per il cui pagamento sarebbero stati utilizzati persino fondi neri ad hoc. Un anno dopo, con le stesse accuse, l’iniziativa di Londra fu seguita dal Parquet national financier (Pnf) francese, mentre nel 2018 si aggiunse il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti sull’ipotesi di violazione dei regolamenti per il commercio internazionale di armamenti (Itar). Accentando la maxi multa, Airbus chiude ora tutti e tre i procedimenti. Per farlo, pagherà 2,08 miliardi di euro alla Francia, 984 milioni al Regno Unito e 525 milioni agli Stati Uniti. È la maggiore sanzione di questo tipo. Nel 2017, con accuse simili, Rolls Royce pagò 671 milioni di sterline. Allora era la più alta mai imposta.

IL SISTEMA

Adesso, i 3,6 miliardi serviranno a evitare l’azione penale su quello che il quotidiano Faz definisce un sistema di tangenti “determinato, spudorato e a volte sofisticato”. Secondo le ricostruzioni, a cui Airbus ha collaborato fornendo 30 milioni di documenti, al centro del sistema c’era la Strategy and Marketing Organisation (Smo), divisione dedicata ad assicurare contratti nei mercati emergenti. Delle sue attività, descritte sui documenti “ai margini” della legalità, sarebbero stati a conoscenza diversi dirigenti del gruppo. Altri “non volevano sapere cosa facesse esattamente l’Smo; l’importante era ottenere le commesse”. La divisione avrebbe avuto la gestione di fondi neri per circa 300 milioni di euro, utilizzati per sovvenzionare “partner d’affari”, intermediari utili ad agevolare la vendita di aerei in tutto il mondo.

LE VENDITE

I “registri neri” svelati ora dalle indagini riportano alcuni esempi di messa in moto nel sistema, rischiando di generare un effetto a catena e di impattare sulle vendite future. È il caso del Ghana, che tra il 2011 e il 2015 ordinò tre esemplari del velivolo militare C-295. Secondo quanto ricostruito dalle autorità britanniche, per ottenere la commessa Airbus si affidò (come “business partner”, al fratello di un alto esponente del Paese, versandogli cospicue somme. Ora, il presidente ghanese Nana Akufo-Addo ha annunciato l’avvio di un’indagine per capire quali funzionari siano stati coinvolti. In ogni caso, secondo i documenti ripresi dalla stampa di mezzo mondo, gli illeciti di Airbus avrebbero riguardato soprattutto la regione dell’Asia e Pacifico. Sotto la lente dei magistrati sono finite diverse vendite tra Taiwan, Indonesia, Malesia, Nepal, Russia, Cina e Colombia.

IL CASO CINESE

Tra i casi più emblematici, il finanziamento nel 2013 di un viaggio di piacere di una settimana per un gruppo di rappresentanti del governo di Pechino e di compagnie aeree cinesi in un hotel di lusso a Maui, nelle Hawaii. Il regalo sarebbe stato corredato dal versamento di 10,3 milioni di euro a “partner d’affari” attraverso un contratto tramite società libanese. Un impegno “utile”, nota Faz, visto che l’anno dopo Airbus ha venduto 140 aerei alla Cina tra A320 e A330. Il sistema analizzato risale almeno al 2008, “in un momento – scrive il Financial Times – in cui il produttore di aeromobili europeo stava rapidamente guadagnando sul rivale Boeing nel mercato globale dei jet passeggeri”. Alla luce delle inchieste aperte, alla fine del 2017, era stato l’allora ceo tedesco Tom Enders, ad annunciare “tempi turbolenti”, chiedendo ai dipendenti di prepararsi. Il ceo aveva avvisato delle “possibili pesanti conseguenze, incluse consistenti sanzioni”.

LA RISPOSTA DEL GRUPPO

Dallo scorso aprile Enders ha lasciato l’incarico al francese Guillaume Faury. Lo aveva annunciato mesi prima, quando aveva spiegato che non avrebbe chiesto una riconferma dopo 14 anni alla guida del gruppo, per molti osservatori proprio alla luce delle vicende giudiziarie. Ora, Faury ha descritto il patteggiamento come “una pietra miliare”, poiché consente al gruppo “di andare avanti e crescere ulteriormente in modo sostenibile e responsabile”. Parallelamente, l’azienda sottolinea la collaborazione con le autorità giudiziarie, così come il coinvolgimento di una “minoranza” dei contratti acquisiti nei fatti in questione. Troppo poco probabilmente, soprattutto se paragonato a ciò che il giudice Victoria Sharp dell’Alta corte inglese ha definito “corruzione endemica in due settori chiave all’interno di Airbus”.

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