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Gilet gialli, pensioni e defezioni. Macron traballa all’Eliseo

Comunali, presidenziali e defezioni interne. Cosa teme di più il presidente francese Emmanuel Macron? Di fronte a una delle crisi più gravi da quando ha assunto le redini della Francia, deve fare i conti con quei deputati che causano una spaccatura nel suo partito (mentre la sua popolarità continua a precipitare). Altre defezioni dal governo fanno scendere i suoi parlamentari a 300 (rispetto ai 314 all’inizio del suo mandato). Siamo al limite dell’autosufficienza (289) nell’Assemblea nazionale francese.

DEFEZIONI

Frederick Tufnell, che era stato eletto tre anni fa, ha lasciato la scorsa settimana il partito macroniano dichiarandosi disilluso. È stato l’ultimo di una serie di personaggi che hanno espresso la loro delusione per il modo in cui il governo ha cercato di approvare la riforma delle pensioni. Si tratta di quel provvedimento che ha scatenato un’ondata di scioperi e violenza nelle strade cittadine francesi. La defezione di Tufnell segue quella di Mathieu Orfellen, che un anno fa aveva “lasciato il campo”. Occorre precisare però che al momento la vita legislativa del governo Macron non è minacciata, anche perché potrebbe sempre giungere in soccorso il centrista François Bayrou. Ma le nuvole si addensano sul presidente francese mentre le prossime elezioni presidenziali e parlamentari iniziano ad essere il centro gravitazionale di partiti e nomenklature.

Nonostante il progetto di riforma delle pensioni sia stato approvato dal governo lo scorso 24 gennaio (ma entrerà in vigore alla fine di giugno), le proteste non dovrebbero fermarsi dal momento che la rabbia dei francesi è profonda. Il Paese per la prima volta nella sua storia è stato attraversato da 50 giorni consecutivi di mobilitazione, che hanno paralizzato il trasporto pubblico.

COMUNALI

Secondo gli ultimi sondaggi meno di un terzo dei francesi guarda con favore all’attuale Presidente della Repubblica e si prevede che alle prossime elezioni comunali di marzo Macron potrebbe essere sorpassato a destra, da Marine Le Pen e dal suo Rassemblement National (ma anche a sinistra dalla coalizione dei Verdi, che sulla scorta del successo ottenuto anche in Germania, si candida ad essere una sorpresa). Per cui le frizioni tra i candidati, la mancanza di presenza sui territori e il silenzio di Macron potrebbero costare molto caro al partito di maggioranza e non solo a Parigi dove va ricordato che nel 2017 Macron si assicurò il 90% dei consensi. Se nella capitale la dicotomia tra Benjamin Griveaux e Cédric Villani rende impossibile una vittoria che sembrava, fino a ieri, assicurata ci sono anche Lione, Nîmes, Annecy, Besançon e persino Bordeaux a preoccupare il Presidente.

“Parigi è alla nostra portata”, ripete la candidata de Les Républicains Rachida Dati. A 54 anni, l’ex ministro del governo Sarkozy ha due carte da giocare: un profilo alto e un’immagine chiara di una donna combattiva sulla destra. Ma la sua immagine molto divisiva e la forte concorrenza a destra rendono la corsa particolarmente difficile.

OBIETTIVO ELISEO

Ma oltre le comunali c’è la corsa per l’Eliseo. È volgendo lo sguardo al 2022 che Macron si rende conto di non essere più applaudito in casa sua come nel 2017. Come arriva Marine Le Pen a quell’appuntamento? Il Rassemblement National ha cambiato forma (e anche sostanza?), si presenta come il portabandiera della tradizione e della stabilità, relegando nel dimenticatoio l’icona e le movenze del fondatore del partito, Jean-Marie Le Pen. Inoltre l’ostilità nei confronti dell’euro e dell’Ue è stata mitigata.

Un’eventuale vittoria di Le Pen certamente rappresenterebbe un terremoto politico con riverberi che si estenderebbero in tutta Europa. Sul punto si sta innescando in queste settimane un complesso dibattito su come l’affermazione di Le Pen potrebbe incidere sulle ambizioni tedesche e francesi per il futuro dell’Europa. Il nodo verte non solo l’Eliseo, ma anche la nuova postura di Parigi di fronte alla rivalità tra Stati Uniti e Cina.

twitter@FDepalo

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